sabato 23 aprile 2011

CRESCI BENE, CHE RIPASSO.








Ah, i bambini! Vispi contenitori di tutte le nostre speranze per il futuro, emblema universale dell'innocenza, della spontaneità... Un esempio da seguire per l'umanità tutta. E non provate a non essere d'accordo, altrimenti Peter Pan si offende. E anche Giovanni Pascoli.
Ci guardiamo intorno, noi giovani universitari quasi fuori corso: vediamo pargoli che giocano allegri per strada, nei parchi; e tutto a un tratto ci sentiamo vecchi. Tutto il grave fardello dei nostri circa ventitré anni ci cade impietosamente addosso.
Sì, perché la verità è questa: non è che sia passato poi tanto tempo tra la nostra infanzia e la loro, ma diamine, non si può non constatare con un certo terrore che una vera rivoluzione è avvenuta: sono cambiati tutti i giocattoli.
È uno strumento preziosissimo per capire l'antropologia, il giocattolo. Dimmi con che giocavi da bambino, io ti dirò quali psicopatologie e turbe mentali ti affliggono da grande. Essendo io di classe 1988, non posso che riportare esempi relativi agli anni '90. Questo va contro la mia etica di blogger, poiché il mio straripante ottimismo mi porta a pensare che Tavor In Fabula sia seguito da miliardi di lettori, e che quindi con questo intervento io stia discriminando quei due, tre milioni di fans che non sono stati bambini negli anni '90. Vi prego di farvene una ragione.
Chiarito questo punto, posso iniziare a sciorinare esempi che vi porteranno, inevitabilmente, ad essere d'accordo con me. Bene.
- LA MACCHINA PEG PEREGO: a tutti gli effetti un'automobile elettrica per piccoli viziati. La Peg Perego faceva passeggini, principalmente. Poi ha deciso di fabbricare e vendere piccoli, semoventi gioielli supercostosi, destinati a coloro che, in seguito, sono diventati tanto piacioni quanto poco puliti adulti dal grande ego e dal piccolo pene. Costoro girano con la loro Ferrari, prendendo all'amo ossigenate donzelle interessate alla macchina. Queste ultime sono coloro che, da bimbe, non si accontentavano solo della casa di Barbie, ma esigevano anche la piscina, la macchina, l'idromassaggio, la toletta per il cane. Tutto di Barbie. Ah, e sono anche le stesse bambine che non si curavano del fatto che Ken avesse l'organo genitale meno realistico nella storia dei materiali in plastica, perché erano più interessate agli accessori di cui sopra.
- INDOVINA CHI: un gioco che aguzza l'ingegno. E la curiosità. “Ha la barba? Ha gli occhiali? È un uomo?"  ...oh, quanti ricordi. Peccato che, per il bimbo amante di Indovina Chi, la strada sia segnata: cova già dentro di sé il germoglio dell'investigatore privato, dello stalker, del ritrattista o semplicemente del pettegolo. Non vi lascerà in pace, le sue domande vi corroderanno l'anima. Guardatevi Matrix o Porta a Porta per farvi un'idea di ciò che sto dicendo.
- TUTTI I TIPI DI BAMBOLOTTI: ricordo che, già da piccola, rimanevo impressionata da certe pubblicità di Sbrodolina o Ciccio Bello, nelle quali un' eccitatissima voce di bimba recitava: “Fa la cacca vera! Fa la pipì vera!”. Parliamone. Se una bambina di sette, otto anni è entusiasta di pulire la cacca e la pipì di un bambolotto, o di asciugare litri di bava schiumosa (lievemente inquietante) di una bambolotta, cosa potrà mai fare da grande? La donna manager? Sarà una madre di famiglia, una baby sitter, un'ostetrica, oppure lavorerà alacremente in un orfanotrofio. Infatti di Ciccio Bello facevano anche quello nero, non sia mai si dovesse pensare che siamo razzisti. E se li volevi piccoli, profumati e chiudibili in una scatola di cartone, ci stavano pure i Fiammiferini. Non voglio pensare a quale tipo di donna adulta abbiano dato vita i Fiammiferini.

La lista potrebbe essere ancora molto, molto lunga. Dai costruttori abusivi germogliati dai Lego, alla gente con la mania di controllo nata dai Polly Pocket e Mighty Max (sono quelli che oggi hanno sviluppato una mania ossessiva per Grande Fratello e simili), per non parlare dello stuolo di fashion bloggers partorite da Giralamoda.
So a cosa state pensando, a questo punto. Voi giocavate più o meno con tutte le cose che ho nominato. Tranquilli, pure io, ma questo non ci rende necessariamente inscrivibii nelle categorie che vi ho illustrato. La mia idea è che, per diventare davvero come la gente che ho descritto, sia necessario che da bambini si sviluppi una vera e propria fissazione per uno solo di questi giocattoli. Io variavo i miei giochi, e così facevate anche voi, voglio sperare.
Potrei concludere qui questo intervento, per farvi dormire sonni tranquilli. Siamo tutti normali, queste categorie non ci riguardano, F.A.Q. è proprio una brava ragazza. Mi spiace deludervi, ma c'è un'ultima categoria. Spero tanto per voi che non vi sentirete chiamati in causa neanche da questa, ma non posso dire lo stesso di me. Io, come tanti, da piccola avevo sviluppato un rapporto compulsivo-ossessivo nei confronti del SAPIENTINO.
I reduci del Sapientino sono creature pericolose. Abituati, da piccoli, a sentirsi lodare da una voce meccanica grazie alla loro straripante cultura, da grandi diventano pseudointellettuali mediamente alternativi, affetti da delirio di onnipotenza e senso di superiorità. Di solito si segnano a corsi di laurea umanistici con lo scopo di scrivere libri, per condividere col mondo il loro immenso sapere, ma può anche succedere che si segnino a fisica o ingegneria, per salvare la terra da catastrofi nucleari.
Se anche voi siete dei Sapientini, mi dispiace. Però mettetevi bene in testa che mai, mai riuscirete a diventare meravigliosi quanto me.
Altro che i Gormiti e le Bratz.


mercoledì 20 aprile 2011

Un Paquito Pantano vale l'altro, nei secoli dei secoli



Il 23 giugno di qualche anno fa mi trovavo in cammino verso Santiago de Compostela. Quel pellegrinaggio, che intrapresi laicamente, seguiva da Siviglia la vecchia ruta de la plata e poi virava verso la Galizia. Ma a quella data mi trovavo ancora nella provincia zamorana e, avido di oltrepassare i confini regionali, marciai più del dovuto. Alle sei della sera cominciavo a costeggiare il grande Lago de Sanabria, d'origine glaciale, nel mezzo di un grande parco naturale. Sentendo che la stanchezza delle gambe cominciava a mutarsi in dolore e temendo di essere colto da un momento all'altro dal crepuscolo, mi affrettai a cercare un riparo per la notte. Chi conosce i ritmi del pellegrino sa che questo comincia a marciare la mattina presto e si ferma già ad ora di pranzo in un albergo segnato dalla conchiglia dell'apostolo. Dopo quell'ora, è difficile trovarvi un posto libero. E io, per la mia ingordigia di chilometri, mi trovavo esattamente in quella condizione: nessun letto disponibile. Mi spinsi ancora un poco oltre, fino al villaggio più vicino. Arrivato a Ribadelago cominciai a bussare alle porte delle case, come un mendicante, chiedendo ospitalità. Ma nessuno si fidava della mia faccia sporca e macchiata dal sole. Vedendomi in difficoltà, un uomo non molto più vecchio di me mi consigliò di andare a cercare aiuto nel vicino Ribadelago de Franco, dove avrei potuto approfittare di alcune case da sempre inabitate. Vi andai e rimasi stupito da questo luogo, del tutto incoerente rispetto al paesaggio di quella zona. La case infatti erano bianche come a Granada e non erano coperte da tetti di lavagna. Era un paese talmente avulso dal resto del paesaggio che rabbrividii. Ma incontrai un vecchio pronto a rassicurarmi e ad offrirmi un piatto caldo e un letto dove riposare. La cena con il pensionato e sua moglie trascorse serena. Eppure notai che il vecchio rivolgeva ripetutamente ansiosi sguardi all'orologio della sala, come se aspettasse qualcuno o qualcosa. Finito di mangiare, mancavano venti minuti alla mezzanotte quando mi invitò a spostarci sul piccolo balcone che affacciava verso il lago, mentre sua moglie ci serviva una infusione digestiva. Man mano che si avvicinava la mezzanotte del 24 giugno, egli parlava meno e si limitava a commentare brevemente quello che io dicevo. Ma quando mancavano pochi secondi al cambio di data, mi fece cenno di smettere di parlare e disse: ¡Oye! Mi concentrai e ascoltai. Sentii soltanto il suono di alcune campane, in lontananza. Non mi stupii di questo, poiché è consuetudine dei paesi cattolici che le campane suonino ad ogni ora. Ma di quei rintocchi sentivo solo l'eco, come se nessun campanile li stesse emettendo realmente. Allora il vecchio cominciò a raccontare con tono basso e ritmo lento che in un tempo remoto di cui nessuno poteva avere memoria quel lago non esisteva e laddove oggi c'è il suo abisso più profondo sorgeva un villaggio. All'alba di due giorni dopo un solstizio d'estate giunse al villaggio un mendigo vestito di stracci e sostenuto da un bastone chiedendo ospitalità agli abitanti, ma nessuno di essi volle accoglierlo. Arrivò al forno e vide che si stava cuocendo il pane. Mendicò allora una pagnotta e la donna acconsentì a cuocerne una in più. E quel pane lievitò a dismisura, raggiungendo delle proporzioni enormi. Senza ringraziare, il mendicante ordinò alla donna di abbandonare il villaggio con la sua famiglia prima che tornasse la notte e disse che era per la sua generosità. Poi l'uomo sparì e la donna obbedì. Alla mezzanotte successiva, al cominciare del giorno di San Giovanni, il mendicante si trovava nella piazza del villaggio, nell'abisso più profondo, e schiantò il suo bastone nel suolo. La terra prima crepitò, poi gemette, quindi gridò. Si crepò, si aprì, e dalle fenditure cominciò a salire dell'acqua, prima a zampilli, poi a flotti, quindi con immensi vigore e violenza. Il villaggio fu allora sommerso per la sua avarizia e la sua diffidenza.
Da allora, ogni anno, alla mezzanotte del giorno di San Giovanni e solo in quel momento, si udiva il rintocco delle campane. Il vecchio tacque, guardando il lago. Le campane avevano smesso di suonare. Dopo la sua pausa, l'uomo mi disse che da sempre, da quando avesse memoria, il 23 giugno giungeva a Ribadelago un mendicante, un pellegrino, un viandante per chiedere asilo. E siccome nessun altro voleva accoglierlo, ogni volta egli apriva le porte della sua casa. Nessun altro, a parte lui stesso e il viandante, aveva mai udito i rintocchi della campane.
La moglie dell'uomo ci raggiunse con l'aria di conoscere l'argomento della nostra conversazione. Mi disse: «Esa es la leyenda. Luego está la crónica.» Mi spiegò allora che negli anni Quaranta del Novecento il dittatore Francisco Franco intraprese in Spagna un programma di costruzione di varie dighe per la produzione autonoma di energia, il che valse al generale il soprannome di Paquito Pantano (Paquito come diminutivo di Francisco, Pantano come sinonimo di 'lago'). Lungo il corso del fiume che precedeva il Lago de Sanabria fu costruita la diga di Vega de Tera, che creava un altro invaso. Nei giorni 8 e 9 del gennaio 1959 si riversarono sulla zona piogge torrenziali di straordinaria portata e nella notte del 9 gennaio la temperatura scese fino a 18 gradi sotto lo zero. Le piogge eccezionali, il freddo e soprattutto la cattiva qualità della costruzione della barriera fecero sì che pochi minuti prima della mezzanotte del 10 gennaio si aprisse nella diga una breccia alta 140 metri. Un flusso d'acqua di 8 milioni di metri cubi e alto 9 metri investì per circa 14 minuti il paese di Ribadelago, spazzandolo via e provocando 144 morti tra i 549 abitanti. Di quei cadaveri furono recuperati solo 28. In seguito alla tragedia, Franco decise di costruire un nuovo insediamento, poco distante dal precedente, che oggi conserva il nome di Ribadelago de Franco, dove io mi trovavo.

Dr. Zapotec

domenica 17 aprile 2011

Ciccio Di Benedetto: quando l'ottimismo puzza di sciagura


Ehi: qualcuno si è accorto che un paio di giorni fa uno yankee ha comprato la Roma? sì, qualcuno di voi forse se ne è accorto eppure vi comportate tutti come isteriche contadine del midwest: la curva sud negli ultimi tempi ha più bandiere americane di un farmfestival in illinois. Quella cazzo di bandiera è riuscita ad entrare persino nel Roma Club Testaccio e, vi giuro, a me quella cazzo di bandiera non piace per niente. E fino a ieri non piaceva a nessuno di voi ma il tifo, si sa, è bello perché irrazionale, antideologico e incoerente e tutto quelle cose che dice persino Zazzaroni e che finiscono invariabilmente con un belato e una scossa alla frezza. In effetti ammetto che anche a me ultimamente quella bandiera sta più simpatica e Boston è la mia seconda patria dell'anima e, in fondo, credo che compreremo Pastore e inizierò ad ascoltare Bruce Springsteen  e a organizzare BBQ in cortile. Non adesso però, perdio, non adesso! Non voglio scrivere qui un post ideologicamente antiamericano pieno di incisi del tipo "gli interventi umanitari non esistono" e "il 70% della popolazione americana ammette di avere una vita sessuale compromessa da una dieta poco equilibrata", anch'io interpreto il tifo con assoluto cinismo e ipocrisia, vorrei star qui a tessere una lunga e appassionata analisi su quanto sia bello vivere lo sport (e segnatamente il calcio) all'insegna dell'antisportività e del vandalismo etico, ma forse non è questo il momento (però è una cosa che vi prometto, farò). Quindi non può fregarmene di meno che questo tizio, sbarcato a Roma con quello sconcertante maglioncino color senape, non sia originario di una località non più lontana di Rieti ma che venga piuttosto dal paese che in assoluto ha maggiormente fatto di questo mondo, il peggiore dei mondi possibili. [ma che mi sto allungando troppo con le digressioni? se è così ditemelo]. E' sotto l'evidenza di tutti che i soldi che di solito le persone investono nel calcio, nella migliore delle ipotesi, puzzano semplicemente di morto. Il fatto che la stampa etichetti Moratti, da circa 65 anni, come "un signore", "un elegante sportivo", non toglie che sia uno sporco speculatore e petroliere che, nella mia personalissima visione del mondo, dovrebbe essere condannato a morte con modalità "indigestione di Golia" (per maggiori informazione date un'occhiata a questo). Quindi, caro Thomas, se avrai abbastanza soldi da poter confinare Taddei e Perrotta per sempre in panchina, diventerai il mio migliore amico, nonostante quel maglioncino. Diomio ma lo avete visto quel maglioncino? una roba tipo Marchionne sotto peyote. Il mio scetticismo non è un maldipancia patriottico o ideologico, più semplicemente ho una fottuta paura che questo tizio non abbia un soldo e che dovremo continuare a puntare alla Champions con Taddei e Perrotta. E la mia fottuta paura è acuita non poco dal fatto che voi invece siete lì a masturbarvi e a solleticarvi con l'idea di futuri, faranoici calciomercati , e non lo fate nemmeno in silenzio. Sì, percarità, noi romanisti abbiamo passato anche di peggio (c'è qualcosa di peggio che ritrovarsi Ciarrapico come presidente?) e questo è un momento in cui si dovrebbe essere cautamente ottimisti ma, ecco, forse siamo al punto di questo post: perfavore, cautamente. Non vi state rendendo conto che con tutte questo isterismo di massa stiamo per metterci nella condizione di esporci, in maniera permanente, al ludibrio del mondo? No, dico, ma avete provato a prendere qualche informazione in più su questo tizio? non vi sarete mica accorti che è un palazzinaro di quart'ordine? Ok, "lui ci mette la faccia, gli altri i soldi". Devo fidarmi di uno che fa "Pallotta" di cognome? o di quell'altro che si chiama "Richard Amore", no, perfavore, non voglio arrivare a dire che tutto questo puzza, inequivocabilmente, di SOLA. Ma posso essere almeno scettico rispetto a una "cordata" in cui tutti vanno in giro con dei nickname da speed date? Poi Pallotta è uno che passa le sue giornate con l'ipad in mano a speculare sui titoli alimentari in nordafrica, a far cadere il regime del pompelmo e ad instaurare il regime dell'avocado negli stati del centrafrica (e a indossare maglioncini casual, sì, anche lui). Insomma, non mi sembra affatto uno che si possa definire "una persona affidabile", anche se già definirlo "persona" mi sembrerebbe troppo. Prudenza dunque, perché i laziali son tutti lì che ci aspettano, stanno proprio aspettando che invece di Pastore compriamo Iaquinta (e non è nemmeno un'ipotesi così remota), che invece di rinnovare Mexès rinnoviamo Cassetti (ops! questo è già successo). Due semplici cose: buttate la bandiera americana e grattatevi le palle.

Leon Blavatsky

martedì 12 aprile 2011

Etes-vous un Radical Chic?

Ceci n'est pas un radical chic

La violenza delle Etichette
da un'inchiesta del Corriere della Sera del 20 Aprile, 2014

Prosegue il nostro viaggio tra le numerose problematiche che negli ultimi tempi imperversano nel mondo dei cosiddetti "intellettuali", anche se sarebbe forse più corretto dire "diversamente intelligenti", o anche semplicemente "diversi" . Dopo che la scorsa settimana abbiamo ascoltato alcune interessanti storie dei gestori di cinema di Essay - i quali ora si dividono in pittoresche ma dignitose attività: dallo scaffalista all'impiegato in telemarketing - oggi andremo ad ascoltare cosa hanno da raccontarci due veri "addetti ai lavori", parliamo dei medici-terapeuti del CRAB (centro recupero amanti della bellezza): Ciro Scapece e Giannicola Dabari. I due uomini, sulla cinquantina, ci accolgono nel loro stravagante studio nel quartiere più "aperto" della città. Ad accoglierci, su una ispida moquette viola, un forte odore di incenso; faccio caso a diversi oggetti kitsch che ingombrano la scrivania, provenienti, immagino, da biechi negozi di souvenirs di località (più o meno) esotiche. Cercano di offrirmi dei succhi di frutta biologici ma evidentemente mi trovo costretto a declinare l'offerta, ciò che mi colpisce è che entrambi hanno la barba folta su un solo lato del viso, mentre l'altro è perfettamente liscio. E le parti dei due uomini sono opposte: Ciro ha rasato la sinistra mentre Giannicola la destra. Iniziamo a parlare anche se entrambi, prima di iniziare l'intervista, hanno ampiamente inalato etere.
I: Signori, come vi è venuta l'idea di un CRAB?
CS: L'idea ci è venuta qualche anno fa, nel 2010 eravamo entrambi psicoterapeuti junghiani ma eravamo piuttosto insoddisfatti della riuscita del nostro lavoro. Sentivamo in qualche modo la rottura del...come posso dire....
GD: Fluido empatico, forse vorresti dire
CS: Sì, grazie, nicola. Si trattava della rottura di un fluido empatico con i nostri pazienti e anche del fatto che la nostra clientela era perlopiù composta da attori, registi, scrittori che hanno in poco tempo conosciuto la rovina della loro fortuna e non poterono, improvvisamente, più permettersi i mille euro a seduta. Tutti i nostri clienti in quel periodo sono stati colti da una profonda crisi d'identità dovuta a una sempre più pressante ostilità che vedevano crescere intorno a loro. Avevano perso il contatto con il Sé; con molti di loro avevamo lavorato duramente per trovare finalmente l'anima guida e tutto si è perso così...così...
GD: ...Assurdamente
CS: No no....volevo dire...
GD: Antieziologicamente forse
CS: Esatto! sì nicola, grazie: antieziologicamente. Noi eravamo diventati poveri, al punto da non poterci più permettere il sostentamento del dromedario che accogliamo nel nostro giardino a pianta circolare. Sa, è un prodigio, vero nicola?
GD: Un vero prodigio signore, un vero prodigio. Pensi che gli abbiamo insegnato a fare i palloncini con il chewing gum e tra poco, le assicuro, sarà in grado di recitare la terra desolata a memoria...
CS: Sa, si chiama Wilson, come il pallone di Tom Hanks. Grande attore Tom Hanks, solo che si butta un po' troppo via, come Nicholas Cage, grandi attori però...
I: Sì, ehm, parlavate di ostilità nei confronti dei vostri pazienti, a cosa facevate riferimento?
CS: Vede, noi pensiamo che tutto sia iniziato dalla diffusione del termine Radical-Chic. Con quel termine e con tutto il mondo concettuale che riesce ad evocare: ll'archetipico odio per gli intellettuali e per gli uomini di pensiero in genere, ma anche solo per i semplici amanti dell'arte e della bellezza, ecco, con quel termine tutto questo  si è come radicato e ramificato all'interno di quel mondo stesso. La gente come posso dire...
GD: La gente del bel mondo
CS: no no, nicola, no. Si tratta, appunto, di gente a cui piaceva andare alle mostre, vedere i film di ozu, leggere stendahl, fare l'aperitivo, mangiare etnico. Mi riferisco a quella gente lì, la gente che amava la cultura. Quella gente lì a un certo momento ha iniziato a insultarsi a vicenda, e molto più a fondo di quanto già non facesse, i vernissage diventavano risse da capogiro, le persone andavano a teatro  solo per entrare in un'orgia di insinuazioni collettive, di odii sotterranei; come lei sa, il culmine di questa escalation di improperi verbali è stato l'omicidio di Renzo Piano con una banana avvelenata. Si è diffusa una sorta di pandemia isterica, non facevano che darsi del "Radical-Chic" a vicenda così sono tutti entrati in una....in una...
GD: "Morbosità regressiva"
CS: Sì, può andare. Vede, questa morbosità regressiva, così come la chiama nicola, è una mania di "ritorno al rudimentale", al cattivo gusto, alla volgarità; c'è un improvviso abbandono della vita sofisticata e ricca di interessi culturali che si era soliti condurre, non si fa più nulla di quanto si faceva prima per paura di essere additati come Radical Chic e si fanno invece cose di assoluto cattivo gusto.
I: cosa significa esattamente: "di assoluto cattivo gusto", non è un'espressione un po' pretenziosa? specifichi meglio ciò che vuole dire
GD: Forse ciro voleva intendere brutali, o barbare
CS: No, nicola, non è questo. Ecco, per spiegarle le narrerò le storie di qualche mio paziente, mantenendo l'anonimato di queste persone, si intende, non vorremmo...
GD: non dovremmo...
CS: non potremmo!
GD: s'intende
CS: s'intende. Le cito l'esempio del signore che chiameremo, in maniera del tutto fortuita, Signor ZETA
GD: non sarebbe meglio ICS?anzi, anzi, senti qui: Signor IPSILONICS, suona bene, ne'?
CS: Sì, sì. Allora: il signor IPSILONICS era un prestigioso attore del circuito del teatro indipendente di Rovigo e Provncia. In quel periodo stava portando in scena da mesi la replica del suo spettacolo di enorme successo, le cose andavano sorprendentemente bene, al punto che per lui si prospettava una remunerativa turnè nel ravennate. Lo spettacolo in questione, per essere più precisi, consisteva in una rivisitazione di Aspettando Godot
GD: Sa, è l'opera di Samuel Beckett, un'importante scrittore irlandese
CS: Il signor IPSILONICS era interessato al recupero dell'essenzialità beckettiana contro la verbosità inconcludente dell'ultimo post-moderno (il post-mortem del post moderno insomma). Nella sua opera i nomi originali dei personaggi erano stati sostituiti dai nomi dei personaggi di Friends e il cane (Lucky) era sostituito da un lemure (Chandler).
GD: non credo che questo interessi al signore
I: in effetti potrebbe arrivare al dunque
CS: sì, d'accordo.Al signor IPSILONICS sono iniziate ad arrivare diverse ed inquietanti minacce. Al bar iniziarono a preparargli il caffè macchiato freddo, quando tutti ben sapevano come il signor IPSILOICS bevesse solo caffè macchiato caldo e non tollerasse affatto il caffè macchiato freddo. Per non parlare dello stalking subito a casa
GD: una roba agghiacciante signore, agghiacciante
CS: agghiacciante. La cassetta postale era ogni giorno ricolma di volantini con la faccia di Zequila, trovò il telecomando privato del terzo canale, Un giorno il signor IPSILOICS scese le scale del suo condominio, controllò la posta e cosa trova?
GD: non mi ci far pensare ciro, non mi ci far ripensare
CS: sì, trova una cassetta di over the top in lingua originale. Il signor IPSILONICS sospese la sua turnè, fu costretto a una spaventata reclusione, le sue giornate erano ormai scandite da caffè macchiati freddi e feroci crisi di identità. Iniziò a guardare rete4, i telefilm americani della mattina. Si segnò in palestra. Dopo qualche mese la sua vita era  trasformata: trovò impiego come magazziniere (nonostante il master in arti e scienze dello spettacolo); si tatuò il nome di sua madre sull'avanbraccio e abbracciò un vocabolario misero, ridotto ai minimi termini, che faceva largo uso di parole come "sbraco" o "teribbile". Fortunatamente un suo vero amico ci ha segnalato il suo caso e siamo intervenuti noi, lo abbiamo salvato poco prima che sostenesse l'ultimo provino per entrare in un noto reality televisivo, oggi vive nel nostro centro e sta riprendendo lentamente le forze, ma non è affatto facile.
I: in cosa consistono le vostre cure?
GD: humpf
CS: beh. le nostre sono cure particolari; abbiamo l'abitudine di far seguire a ciascuno il proprio singolare e stringente programma di cure. Ad esempio il signor IPSILOICS effettua delle sedute, che possono durare dalle 10 alle 16 ore, di visione del decalogo. Inoltre, sempre per mantenerci sul suo esempio
GD: sì, mi sembra paradigmatico
CS: il signor IPSILOICS deve seguire qui una sua precisa dieta: principalmente composta da pane vecchio e pesce toro; da bere tisana all'ortica la mattina, non zuccherata naturalmente, e porto durante i pasti. Alla domenica anche delle pastarelle al pranzo, ma rigorosamente vuote.
GD: La scorsa notte ha avuto delle visioni nel sonno, gridava convulsamente di non volere assolutamente il Gari sopra il Temori
CS: Sì, gridava una cosa come: "Nemmeno quella contadina di Linsday Lohan arriverebbe a mettere quel cazzo di Gari sopra il Temori! signori questo è un affronto, chiamatemi un responsabile!"
GD: Capisce, questo è un segno evidente di guarigione
I: Si capisce. Signori grazie per la vostra testimonianza
CS: Dovere
GD: Non vuole vedere il dromedario?
I: Meglio concludere qui
CS: Le assicuro che è straordinario, Giannicola prendi un chewing gum
I: Signori grazie ancora
GD: Almeno prenda una mentina

Mi trovai costretto a rifiutare quelle che, dentro un recipiente di vimini, avevano tutto l'aspetto di noci.

Leon Blavatsky

venerdì 8 aprile 2011

Good porn loves Lust



Vogliamo discutere dell’educazione sessuale dei nostri giovani? Vogliamo parlare della pornografia e, soprattutto, della pornografia contemporanea che usufruisce dei numerosi nuovi mezzi di comunicazione? Vogliamo elencare tutte le distorsioni, le patologie più o meno complesse, le difficoltà socio-relazionali, i disturbi psichici che un abuso di questa comporta? Vogliamo denunciare il maschilismo e la degradazione della figura femminile che la maggior parte dei prodotti pornografici odierni avalla più o meno subdolamente? Vogliamo, anche, citare sondaggi in cui è presentata una percentuale paurosa di europei che fanno poco sesso e male (tanto che la domanda sorge spontanea: “Ma che pure io?”)? Vogliamo discutere dell’inebetimento delle masse ottenuto da una esposizione continua e pervasiva a riferimenti sessuali che annientano la coscienza, quella critica soprattutto? In realtà non ce frega nulla ma, per introdurre l’argomento in questione, ci/ mi tocca questo noioso compito. Come tutti ben sanno, i giovani rampolli della specie umana (in una fascia d’età che va dagli 11 ai 55 anni ma, se si considerano anche i nonni in grado di usufruire della rete, il range, probabilmente, si estenderebbe) trascorrono un quantitativo notevole di tempo libero, e non, sugli appositi siti internet trastullandosi nel magnifico mondo della pratiche autoerotiche sollecitate da materiale pornografico, Wikipedia: YouPorn “nell’Aprile del 2008 è arrivato al trentasettesimo posto nel ranking dei siti più visti al mondo” (sono curiosa di sapere quali siano gli altri trentasei…). Questo molto spesso fa si che, come invece ben sanno le giovani rampolle, il fatidico e tanto atteso primo amplesso lasci abbastanza insoddisfatti e dubbiosi entrambi i partecipanti: la componente maschile si aspetta di compiere chissà quali evoluzioni fisiche, che la propria fidanzatina diciasettenne si riveli una ginnasta pettoruta e che essa lo avrebbe piacevolmente sorpreso invitando la propria amica mentre le fanciulle, le quali hanno impegnato lo stesso quantitativo di tempo in fantasie altrettanto improbabili e fuorvianti, non si capacitano del fatto che i muri non tremino, che il piacere derivante non sia un intenso brivido caldo che avvolge e annebbia mente e corpo fino allo svenimento o per lo meno che non duri più di quindici minuti.
Ovviamente si tratta di una banalizzazione e di una generalizzazione esagerate ma non crediate che tali nefasti episodi siano poi così rari o inverosimili. Nessuno in cuor suo può seriamente dare la colpa alla masturbazione in quanto tale, vero atto di amorevole cura verso sé stessi, ma allora l’intoppo dovrà ricercarsi proprio nel mezzo, un mezzo come metafora spaziale e anche nell’accezione di strumento. Magari non è il caso di additare come bigotto chi parla di maschilismo e di sessualità degradata di tanta parte del materiale pornografico circolante. Magari la si può spendere una manciata di minuti con la propria ingenua e smaliziata prole discorrendo di come il sesso possa essere tanto più sano, bello e piacevole; di come i metodi di protezione non siano punizioni divine inventate per rovinare il gioco; che no, quella posizione è anatomicamente impossibile e che le donne non emettono veramente quei rumori. Ma basta dare un’occhiata a quello che succede nel mondo per comprendere che tanta arguzia da parte del genere umano è, forse, chiedere troppo.

Qualcuno, però, ha preso a cuore queste delicate problematiche e si sta impegnando per noi e per una società migliore. Fra i tanti valorosi e degni di lode voglio citare una regista svedese che dal 2007, anno in cui esce Five hot stories for her scritto e diretto da lei medesima e vincitore di numerosi premi tra i quali il miglior film dell’anno al Feminist Porn Award di Toronto (l’ho sempre detto che i canadesi stanno avanti), lavora per costruire un’immagine meno stereotipata e falsata del sesso e della sessualità sia nella concezione comune sia rispetto alla pornografia vera e propria e diffonde il suo verbo tramite film con qualche velleità artistica, documentari erotici (che vincono concorsi di documentari erotici), un tweettatissimo blog stracolmo di spunti interessanti ma anche critici, un portale on-line dove vengono raccolti e proposti i migliori prodotti del nuovo cinema per adulti, e tradizionali libri stampati. Il nome di Erika Lust spadroneggia nell’ambiente del porno radical-chic.
Ora, l’impegno e la buona volontà di questa trentaquattrenne piena di risorse potrebbero forse essere un po’ oscurati dal fatto che abbia scelto come nome d’arte proprio il termine “lussuria”; qualcuno eccessivamente prevenuto potrebbe, anche, darle dell’esaltata per avere intitolato il suo ultimo film Life Love Lust; io personalmente sarei curiosa di sapere come ha impiegato il suo brillante ingegno dal 1977 (anno di nascita) fino al fatidico 2007 (la mia però è un’ossessione che deriva da studi classici lastricati di esempi illuminanti di straordinarie conversioni mistiche avvenute intorno alla trentina) tuttavia credo che in molti potranno aprezzare, se non essere grati per il suo contributo alla nascita di una nuova sensibilità verso la sessualità (mi sono imbattuta in diverse espressioni come “new adult cinema”, “fresh perspective on adult enterteiment”, “feminine and femminist approach”, “porn for women trend” quindi si tratterebbe di una vera e propria rivoluzione nel cinema cosiddetto per adulti). Film che raccontano un rapporto sessuale più realistico, avulso dalle banalità e da scontati clichés, senza quei brutti omaccioni con la pansa (romanesco nel testo n.d.r.) e donne in grado di portare i tacchi alti a letto; film che non intendono eguagliare la fantasia erotica alla realtà ma stimolarne una diversa, più genuina e valida per entrambi i sessi.  Una visione del sesso spogliata dai pregiudizi religiosi, da informazioni false e tendenziose, da intolleranze discriminatorie e da stereotipi nocivi non può che renderci persone migliori e felicemente appagate.

Bello, molto bello ma dopo questo appassionato elogio voglio lasciarvi, cari lettori, con un interrogativo che mi preme non poco: non mette ansia anche a voi l’idea che il Porno salverà il mondo?