sabato 23 aprile 2011

CRESCI BENE, CHE RIPASSO.








Ah, i bambini! Vispi contenitori di tutte le nostre speranze per il futuro, emblema universale dell'innocenza, della spontaneità... Un esempio da seguire per l'umanità tutta. E non provate a non essere d'accordo, altrimenti Peter Pan si offende. E anche Giovanni Pascoli.
Ci guardiamo intorno, noi giovani universitari quasi fuori corso: vediamo pargoli che giocano allegri per strada, nei parchi; e tutto a un tratto ci sentiamo vecchi. Tutto il grave fardello dei nostri circa ventitré anni ci cade impietosamente addosso.
Sì, perché la verità è questa: non è che sia passato poi tanto tempo tra la nostra infanzia e la loro, ma diamine, non si può non constatare con un certo terrore che una vera rivoluzione è avvenuta: sono cambiati tutti i giocattoli.
È uno strumento preziosissimo per capire l'antropologia, il giocattolo. Dimmi con che giocavi da bambino, io ti dirò quali psicopatologie e turbe mentali ti affliggono da grande. Essendo io di classe 1988, non posso che riportare esempi relativi agli anni '90. Questo va contro la mia etica di blogger, poiché il mio straripante ottimismo mi porta a pensare che Tavor In Fabula sia seguito da miliardi di lettori, e che quindi con questo intervento io stia discriminando quei due, tre milioni di fans che non sono stati bambini negli anni '90. Vi prego di farvene una ragione.
Chiarito questo punto, posso iniziare a sciorinare esempi che vi porteranno, inevitabilmente, ad essere d'accordo con me. Bene.
- LA MACCHINA PEG PEREGO: a tutti gli effetti un'automobile elettrica per piccoli viziati. La Peg Perego faceva passeggini, principalmente. Poi ha deciso di fabbricare e vendere piccoli, semoventi gioielli supercostosi, destinati a coloro che, in seguito, sono diventati tanto piacioni quanto poco puliti adulti dal grande ego e dal piccolo pene. Costoro girano con la loro Ferrari, prendendo all'amo ossigenate donzelle interessate alla macchina. Queste ultime sono coloro che, da bimbe, non si accontentavano solo della casa di Barbie, ma esigevano anche la piscina, la macchina, l'idromassaggio, la toletta per il cane. Tutto di Barbie. Ah, e sono anche le stesse bambine che non si curavano del fatto che Ken avesse l'organo genitale meno realistico nella storia dei materiali in plastica, perché erano più interessate agli accessori di cui sopra.
- INDOVINA CHI: un gioco che aguzza l'ingegno. E la curiosità. “Ha la barba? Ha gli occhiali? È un uomo?"  ...oh, quanti ricordi. Peccato che, per il bimbo amante di Indovina Chi, la strada sia segnata: cova già dentro di sé il germoglio dell'investigatore privato, dello stalker, del ritrattista o semplicemente del pettegolo. Non vi lascerà in pace, le sue domande vi corroderanno l'anima. Guardatevi Matrix o Porta a Porta per farvi un'idea di ciò che sto dicendo.
- TUTTI I TIPI DI BAMBOLOTTI: ricordo che, già da piccola, rimanevo impressionata da certe pubblicità di Sbrodolina o Ciccio Bello, nelle quali un' eccitatissima voce di bimba recitava: “Fa la cacca vera! Fa la pipì vera!”. Parliamone. Se una bambina di sette, otto anni è entusiasta di pulire la cacca e la pipì di un bambolotto, o di asciugare litri di bava schiumosa (lievemente inquietante) di una bambolotta, cosa potrà mai fare da grande? La donna manager? Sarà una madre di famiglia, una baby sitter, un'ostetrica, oppure lavorerà alacremente in un orfanotrofio. Infatti di Ciccio Bello facevano anche quello nero, non sia mai si dovesse pensare che siamo razzisti. E se li volevi piccoli, profumati e chiudibili in una scatola di cartone, ci stavano pure i Fiammiferini. Non voglio pensare a quale tipo di donna adulta abbiano dato vita i Fiammiferini.

La lista potrebbe essere ancora molto, molto lunga. Dai costruttori abusivi germogliati dai Lego, alla gente con la mania di controllo nata dai Polly Pocket e Mighty Max (sono quelli che oggi hanno sviluppato una mania ossessiva per Grande Fratello e simili), per non parlare dello stuolo di fashion bloggers partorite da Giralamoda.
So a cosa state pensando, a questo punto. Voi giocavate più o meno con tutte le cose che ho nominato. Tranquilli, pure io, ma questo non ci rende necessariamente inscrivibii nelle categorie che vi ho illustrato. La mia idea è che, per diventare davvero come la gente che ho descritto, sia necessario che da bambini si sviluppi una vera e propria fissazione per uno solo di questi giocattoli. Io variavo i miei giochi, e così facevate anche voi, voglio sperare.
Potrei concludere qui questo intervento, per farvi dormire sonni tranquilli. Siamo tutti normali, queste categorie non ci riguardano, F.A.Q. è proprio una brava ragazza. Mi spiace deludervi, ma c'è un'ultima categoria. Spero tanto per voi che non vi sentirete chiamati in causa neanche da questa, ma non posso dire lo stesso di me. Io, come tanti, da piccola avevo sviluppato un rapporto compulsivo-ossessivo nei confronti del SAPIENTINO.
I reduci del Sapientino sono creature pericolose. Abituati, da piccoli, a sentirsi lodare da una voce meccanica grazie alla loro straripante cultura, da grandi diventano pseudointellettuali mediamente alternativi, affetti da delirio di onnipotenza e senso di superiorità. Di solito si segnano a corsi di laurea umanistici con lo scopo di scrivere libri, per condividere col mondo il loro immenso sapere, ma può anche succedere che si segnino a fisica o ingegneria, per salvare la terra da catastrofi nucleari.
Se anche voi siete dei Sapientini, mi dispiace. Però mettetevi bene in testa che mai, mai riuscirete a diventare meravigliosi quanto me.
Altro che i Gormiti e le Bratz.


mercoledì 20 aprile 2011

Un Paquito Pantano vale l'altro, nei secoli dei secoli



Il 23 giugno di qualche anno fa mi trovavo in cammino verso Santiago de Compostela. Quel pellegrinaggio, che intrapresi laicamente, seguiva da Siviglia la vecchia ruta de la plata e poi virava verso la Galizia. Ma a quella data mi trovavo ancora nella provincia zamorana e, avido di oltrepassare i confini regionali, marciai più del dovuto. Alle sei della sera cominciavo a costeggiare il grande Lago de Sanabria, d'origine glaciale, nel mezzo di un grande parco naturale. Sentendo che la stanchezza delle gambe cominciava a mutarsi in dolore e temendo di essere colto da un momento all'altro dal crepuscolo, mi affrettai a cercare un riparo per la notte. Chi conosce i ritmi del pellegrino sa che questo comincia a marciare la mattina presto e si ferma già ad ora di pranzo in un albergo segnato dalla conchiglia dell'apostolo. Dopo quell'ora, è difficile trovarvi un posto libero. E io, per la mia ingordigia di chilometri, mi trovavo esattamente in quella condizione: nessun letto disponibile. Mi spinsi ancora un poco oltre, fino al villaggio più vicino. Arrivato a Ribadelago cominciai a bussare alle porte delle case, come un mendicante, chiedendo ospitalità. Ma nessuno si fidava della mia faccia sporca e macchiata dal sole. Vedendomi in difficoltà, un uomo non molto più vecchio di me mi consigliò di andare a cercare aiuto nel vicino Ribadelago de Franco, dove avrei potuto approfittare di alcune case da sempre inabitate. Vi andai e rimasi stupito da questo luogo, del tutto incoerente rispetto al paesaggio di quella zona. La case infatti erano bianche come a Granada e non erano coperte da tetti di lavagna. Era un paese talmente avulso dal resto del paesaggio che rabbrividii. Ma incontrai un vecchio pronto a rassicurarmi e ad offrirmi un piatto caldo e un letto dove riposare. La cena con il pensionato e sua moglie trascorse serena. Eppure notai che il vecchio rivolgeva ripetutamente ansiosi sguardi all'orologio della sala, come se aspettasse qualcuno o qualcosa. Finito di mangiare, mancavano venti minuti alla mezzanotte quando mi invitò a spostarci sul piccolo balcone che affacciava verso il lago, mentre sua moglie ci serviva una infusione digestiva. Man mano che si avvicinava la mezzanotte del 24 giugno, egli parlava meno e si limitava a commentare brevemente quello che io dicevo. Ma quando mancavano pochi secondi al cambio di data, mi fece cenno di smettere di parlare e disse: ¡Oye! Mi concentrai e ascoltai. Sentii soltanto il suono di alcune campane, in lontananza. Non mi stupii di questo, poiché è consuetudine dei paesi cattolici che le campane suonino ad ogni ora. Ma di quei rintocchi sentivo solo l'eco, come se nessun campanile li stesse emettendo realmente. Allora il vecchio cominciò a raccontare con tono basso e ritmo lento che in un tempo remoto di cui nessuno poteva avere memoria quel lago non esisteva e laddove oggi c'è il suo abisso più profondo sorgeva un villaggio. All'alba di due giorni dopo un solstizio d'estate giunse al villaggio un mendigo vestito di stracci e sostenuto da un bastone chiedendo ospitalità agli abitanti, ma nessuno di essi volle accoglierlo. Arrivò al forno e vide che si stava cuocendo il pane. Mendicò allora una pagnotta e la donna acconsentì a cuocerne una in più. E quel pane lievitò a dismisura, raggiungendo delle proporzioni enormi. Senza ringraziare, il mendicante ordinò alla donna di abbandonare il villaggio con la sua famiglia prima che tornasse la notte e disse che era per la sua generosità. Poi l'uomo sparì e la donna obbedì. Alla mezzanotte successiva, al cominciare del giorno di San Giovanni, il mendicante si trovava nella piazza del villaggio, nell'abisso più profondo, e schiantò il suo bastone nel suolo. La terra prima crepitò, poi gemette, quindi gridò. Si crepò, si aprì, e dalle fenditure cominciò a salire dell'acqua, prima a zampilli, poi a flotti, quindi con immensi vigore e violenza. Il villaggio fu allora sommerso per la sua avarizia e la sua diffidenza.
Da allora, ogni anno, alla mezzanotte del giorno di San Giovanni e solo in quel momento, si udiva il rintocco delle campane. Il vecchio tacque, guardando il lago. Le campane avevano smesso di suonare. Dopo la sua pausa, l'uomo mi disse che da sempre, da quando avesse memoria, il 23 giugno giungeva a Ribadelago un mendicante, un pellegrino, un viandante per chiedere asilo. E siccome nessun altro voleva accoglierlo, ogni volta egli apriva le porte della sua casa. Nessun altro, a parte lui stesso e il viandante, aveva mai udito i rintocchi della campane.
La moglie dell'uomo ci raggiunse con l'aria di conoscere l'argomento della nostra conversazione. Mi disse: «Esa es la leyenda. Luego está la crónica.» Mi spiegò allora che negli anni Quaranta del Novecento il dittatore Francisco Franco intraprese in Spagna un programma di costruzione di varie dighe per la produzione autonoma di energia, il che valse al generale il soprannome di Paquito Pantano (Paquito come diminutivo di Francisco, Pantano come sinonimo di 'lago'). Lungo il corso del fiume che precedeva il Lago de Sanabria fu costruita la diga di Vega de Tera, che creava un altro invaso. Nei giorni 8 e 9 del gennaio 1959 si riversarono sulla zona piogge torrenziali di straordinaria portata e nella notte del 9 gennaio la temperatura scese fino a 18 gradi sotto lo zero. Le piogge eccezionali, il freddo e soprattutto la cattiva qualità della costruzione della barriera fecero sì che pochi minuti prima della mezzanotte del 10 gennaio si aprisse nella diga una breccia alta 140 metri. Un flusso d'acqua di 8 milioni di metri cubi e alto 9 metri investì per circa 14 minuti il paese di Ribadelago, spazzandolo via e provocando 144 morti tra i 549 abitanti. Di quei cadaveri furono recuperati solo 28. In seguito alla tragedia, Franco decise di costruire un nuovo insediamento, poco distante dal precedente, che oggi conserva il nome di Ribadelago de Franco, dove io mi trovavo.

Dr. Zapotec

domenica 17 aprile 2011

Ciccio Di Benedetto: quando l'ottimismo puzza di sciagura


Ehi: qualcuno si è accorto che un paio di giorni fa uno yankee ha comprato la Roma? sì, qualcuno di voi forse se ne è accorto eppure vi comportate tutti come isteriche contadine del midwest: la curva sud negli ultimi tempi ha più bandiere americane di un farmfestival in illinois. Quella cazzo di bandiera è riuscita ad entrare persino nel Roma Club Testaccio e, vi giuro, a me quella cazzo di bandiera non piace per niente. E fino a ieri non piaceva a nessuno di voi ma il tifo, si sa, è bello perché irrazionale, antideologico e incoerente e tutto quelle cose che dice persino Zazzaroni e che finiscono invariabilmente con un belato e una scossa alla frezza. In effetti ammetto che anche a me ultimamente quella bandiera sta più simpatica e Boston è la mia seconda patria dell'anima e, in fondo, credo che compreremo Pastore e inizierò ad ascoltare Bruce Springsteen  e a organizzare BBQ in cortile. Non adesso però, perdio, non adesso! Non voglio scrivere qui un post ideologicamente antiamericano pieno di incisi del tipo "gli interventi umanitari non esistono" e "il 70% della popolazione americana ammette di avere una vita sessuale compromessa da una dieta poco equilibrata", anch'io interpreto il tifo con assoluto cinismo e ipocrisia, vorrei star qui a tessere una lunga e appassionata analisi su quanto sia bello vivere lo sport (e segnatamente il calcio) all'insegna dell'antisportività e del vandalismo etico, ma forse non è questo il momento (però è una cosa che vi prometto, farò). Quindi non può fregarmene di meno che questo tizio, sbarcato a Roma con quello sconcertante maglioncino color senape, non sia originario di una località non più lontana di Rieti ma che venga piuttosto dal paese che in assoluto ha maggiormente fatto di questo mondo, il peggiore dei mondi possibili. [ma che mi sto allungando troppo con le digressioni? se è così ditemelo]. E' sotto l'evidenza di tutti che i soldi che di solito le persone investono nel calcio, nella migliore delle ipotesi, puzzano semplicemente di morto. Il fatto che la stampa etichetti Moratti, da circa 65 anni, come "un signore", "un elegante sportivo", non toglie che sia uno sporco speculatore e petroliere che, nella mia personalissima visione del mondo, dovrebbe essere condannato a morte con modalità "indigestione di Golia" (per maggiori informazione date un'occhiata a questo). Quindi, caro Thomas, se avrai abbastanza soldi da poter confinare Taddei e Perrotta per sempre in panchina, diventerai il mio migliore amico, nonostante quel maglioncino. Diomio ma lo avete visto quel maglioncino? una roba tipo Marchionne sotto peyote. Il mio scetticismo non è un maldipancia patriottico o ideologico, più semplicemente ho una fottuta paura che questo tizio non abbia un soldo e che dovremo continuare a puntare alla Champions con Taddei e Perrotta. E la mia fottuta paura è acuita non poco dal fatto che voi invece siete lì a masturbarvi e a solleticarvi con l'idea di futuri, faranoici calciomercati , e non lo fate nemmeno in silenzio. Sì, percarità, noi romanisti abbiamo passato anche di peggio (c'è qualcosa di peggio che ritrovarsi Ciarrapico come presidente?) e questo è un momento in cui si dovrebbe essere cautamente ottimisti ma, ecco, forse siamo al punto di questo post: perfavore, cautamente. Non vi state rendendo conto che con tutte questo isterismo di massa stiamo per metterci nella condizione di esporci, in maniera permanente, al ludibrio del mondo? No, dico, ma avete provato a prendere qualche informazione in più su questo tizio? non vi sarete mica accorti che è un palazzinaro di quart'ordine? Ok, "lui ci mette la faccia, gli altri i soldi". Devo fidarmi di uno che fa "Pallotta" di cognome? o di quell'altro che si chiama "Richard Amore", no, perfavore, non voglio arrivare a dire che tutto questo puzza, inequivocabilmente, di SOLA. Ma posso essere almeno scettico rispetto a una "cordata" in cui tutti vanno in giro con dei nickname da speed date? Poi Pallotta è uno che passa le sue giornate con l'ipad in mano a speculare sui titoli alimentari in nordafrica, a far cadere il regime del pompelmo e ad instaurare il regime dell'avocado negli stati del centrafrica (e a indossare maglioncini casual, sì, anche lui). Insomma, non mi sembra affatto uno che si possa definire "una persona affidabile", anche se già definirlo "persona" mi sembrerebbe troppo. Prudenza dunque, perché i laziali son tutti lì che ci aspettano, stanno proprio aspettando che invece di Pastore compriamo Iaquinta (e non è nemmeno un'ipotesi così remota), che invece di rinnovare Mexès rinnoviamo Cassetti (ops! questo è già successo). Due semplici cose: buttate la bandiera americana e grattatevi le palle.

Leon Blavatsky

martedì 12 aprile 2011

Etes-vous un Radical Chic?

Ceci n'est pas un radical chic

La violenza delle Etichette
da un'inchiesta del Corriere della Sera del 20 Aprile, 2014

Prosegue il nostro viaggio tra le numerose problematiche che negli ultimi tempi imperversano nel mondo dei cosiddetti "intellettuali", anche se sarebbe forse più corretto dire "diversamente intelligenti", o anche semplicemente "diversi" . Dopo che la scorsa settimana abbiamo ascoltato alcune interessanti storie dei gestori di cinema di Essay - i quali ora si dividono in pittoresche ma dignitose attività: dallo scaffalista all'impiegato in telemarketing - oggi andremo ad ascoltare cosa hanno da raccontarci due veri "addetti ai lavori", parliamo dei medici-terapeuti del CRAB (centro recupero amanti della bellezza): Ciro Scapece e Giannicola Dabari. I due uomini, sulla cinquantina, ci accolgono nel loro stravagante studio nel quartiere più "aperto" della città. Ad accoglierci, su una ispida moquette viola, un forte odore di incenso; faccio caso a diversi oggetti kitsch che ingombrano la scrivania, provenienti, immagino, da biechi negozi di souvenirs di località (più o meno) esotiche. Cercano di offrirmi dei succhi di frutta biologici ma evidentemente mi trovo costretto a declinare l'offerta, ciò che mi colpisce è che entrambi hanno la barba folta su un solo lato del viso, mentre l'altro è perfettamente liscio. E le parti dei due uomini sono opposte: Ciro ha rasato la sinistra mentre Giannicola la destra. Iniziamo a parlare anche se entrambi, prima di iniziare l'intervista, hanno ampiamente inalato etere.
I: Signori, come vi è venuta l'idea di un CRAB?
CS: L'idea ci è venuta qualche anno fa, nel 2010 eravamo entrambi psicoterapeuti junghiani ma eravamo piuttosto insoddisfatti della riuscita del nostro lavoro. Sentivamo in qualche modo la rottura del...come posso dire....
GD: Fluido empatico, forse vorresti dire
CS: Sì, grazie, nicola. Si trattava della rottura di un fluido empatico con i nostri pazienti e anche del fatto che la nostra clientela era perlopiù composta da attori, registi, scrittori che hanno in poco tempo conosciuto la rovina della loro fortuna e non poterono, improvvisamente, più permettersi i mille euro a seduta. Tutti i nostri clienti in quel periodo sono stati colti da una profonda crisi d'identità dovuta a una sempre più pressante ostilità che vedevano crescere intorno a loro. Avevano perso il contatto con il Sé; con molti di loro avevamo lavorato duramente per trovare finalmente l'anima guida e tutto si è perso così...così...
GD: ...Assurdamente
CS: No no....volevo dire...
GD: Antieziologicamente forse
CS: Esatto! sì nicola, grazie: antieziologicamente. Noi eravamo diventati poveri, al punto da non poterci più permettere il sostentamento del dromedario che accogliamo nel nostro giardino a pianta circolare. Sa, è un prodigio, vero nicola?
GD: Un vero prodigio signore, un vero prodigio. Pensi che gli abbiamo insegnato a fare i palloncini con il chewing gum e tra poco, le assicuro, sarà in grado di recitare la terra desolata a memoria...
CS: Sa, si chiama Wilson, come il pallone di Tom Hanks. Grande attore Tom Hanks, solo che si butta un po' troppo via, come Nicholas Cage, grandi attori però...
I: Sì, ehm, parlavate di ostilità nei confronti dei vostri pazienti, a cosa facevate riferimento?
CS: Vede, noi pensiamo che tutto sia iniziato dalla diffusione del termine Radical-Chic. Con quel termine e con tutto il mondo concettuale che riesce ad evocare: ll'archetipico odio per gli intellettuali e per gli uomini di pensiero in genere, ma anche solo per i semplici amanti dell'arte e della bellezza, ecco, con quel termine tutto questo  si è come radicato e ramificato all'interno di quel mondo stesso. La gente come posso dire...
GD: La gente del bel mondo
CS: no no, nicola, no. Si tratta, appunto, di gente a cui piaceva andare alle mostre, vedere i film di ozu, leggere stendahl, fare l'aperitivo, mangiare etnico. Mi riferisco a quella gente lì, la gente che amava la cultura. Quella gente lì a un certo momento ha iniziato a insultarsi a vicenda, e molto più a fondo di quanto già non facesse, i vernissage diventavano risse da capogiro, le persone andavano a teatro  solo per entrare in un'orgia di insinuazioni collettive, di odii sotterranei; come lei sa, il culmine di questa escalation di improperi verbali è stato l'omicidio di Renzo Piano con una banana avvelenata. Si è diffusa una sorta di pandemia isterica, non facevano che darsi del "Radical-Chic" a vicenda così sono tutti entrati in una....in una...
GD: "Morbosità regressiva"
CS: Sì, può andare. Vede, questa morbosità regressiva, così come la chiama nicola, è una mania di "ritorno al rudimentale", al cattivo gusto, alla volgarità; c'è un improvviso abbandono della vita sofisticata e ricca di interessi culturali che si era soliti condurre, non si fa più nulla di quanto si faceva prima per paura di essere additati come Radical Chic e si fanno invece cose di assoluto cattivo gusto.
I: cosa significa esattamente: "di assoluto cattivo gusto", non è un'espressione un po' pretenziosa? specifichi meglio ciò che vuole dire
GD: Forse ciro voleva intendere brutali, o barbare
CS: No, nicola, non è questo. Ecco, per spiegarle le narrerò le storie di qualche mio paziente, mantenendo l'anonimato di queste persone, si intende, non vorremmo...
GD: non dovremmo...
CS: non potremmo!
GD: s'intende
CS: s'intende. Le cito l'esempio del signore che chiameremo, in maniera del tutto fortuita, Signor ZETA
GD: non sarebbe meglio ICS?anzi, anzi, senti qui: Signor IPSILONICS, suona bene, ne'?
CS: Sì, sì. Allora: il signor IPSILONICS era un prestigioso attore del circuito del teatro indipendente di Rovigo e Provncia. In quel periodo stava portando in scena da mesi la replica del suo spettacolo di enorme successo, le cose andavano sorprendentemente bene, al punto che per lui si prospettava una remunerativa turnè nel ravennate. Lo spettacolo in questione, per essere più precisi, consisteva in una rivisitazione di Aspettando Godot
GD: Sa, è l'opera di Samuel Beckett, un'importante scrittore irlandese
CS: Il signor IPSILONICS era interessato al recupero dell'essenzialità beckettiana contro la verbosità inconcludente dell'ultimo post-moderno (il post-mortem del post moderno insomma). Nella sua opera i nomi originali dei personaggi erano stati sostituiti dai nomi dei personaggi di Friends e il cane (Lucky) era sostituito da un lemure (Chandler).
GD: non credo che questo interessi al signore
I: in effetti potrebbe arrivare al dunque
CS: sì, d'accordo.Al signor IPSILONICS sono iniziate ad arrivare diverse ed inquietanti minacce. Al bar iniziarono a preparargli il caffè macchiato freddo, quando tutti ben sapevano come il signor IPSILOICS bevesse solo caffè macchiato caldo e non tollerasse affatto il caffè macchiato freddo. Per non parlare dello stalking subito a casa
GD: una roba agghiacciante signore, agghiacciante
CS: agghiacciante. La cassetta postale era ogni giorno ricolma di volantini con la faccia di Zequila, trovò il telecomando privato del terzo canale, Un giorno il signor IPSILOICS scese le scale del suo condominio, controllò la posta e cosa trova?
GD: non mi ci far pensare ciro, non mi ci far ripensare
CS: sì, trova una cassetta di over the top in lingua originale. Il signor IPSILONICS sospese la sua turnè, fu costretto a una spaventata reclusione, le sue giornate erano ormai scandite da caffè macchiati freddi e feroci crisi di identità. Iniziò a guardare rete4, i telefilm americani della mattina. Si segnò in palestra. Dopo qualche mese la sua vita era  trasformata: trovò impiego come magazziniere (nonostante il master in arti e scienze dello spettacolo); si tatuò il nome di sua madre sull'avanbraccio e abbracciò un vocabolario misero, ridotto ai minimi termini, che faceva largo uso di parole come "sbraco" o "teribbile". Fortunatamente un suo vero amico ci ha segnalato il suo caso e siamo intervenuti noi, lo abbiamo salvato poco prima che sostenesse l'ultimo provino per entrare in un noto reality televisivo, oggi vive nel nostro centro e sta riprendendo lentamente le forze, ma non è affatto facile.
I: in cosa consistono le vostre cure?
GD: humpf
CS: beh. le nostre sono cure particolari; abbiamo l'abitudine di far seguire a ciascuno il proprio singolare e stringente programma di cure. Ad esempio il signor IPSILOICS effettua delle sedute, che possono durare dalle 10 alle 16 ore, di visione del decalogo. Inoltre, sempre per mantenerci sul suo esempio
GD: sì, mi sembra paradigmatico
CS: il signor IPSILOICS deve seguire qui una sua precisa dieta: principalmente composta da pane vecchio e pesce toro; da bere tisana all'ortica la mattina, non zuccherata naturalmente, e porto durante i pasti. Alla domenica anche delle pastarelle al pranzo, ma rigorosamente vuote.
GD: La scorsa notte ha avuto delle visioni nel sonno, gridava convulsamente di non volere assolutamente il Gari sopra il Temori
CS: Sì, gridava una cosa come: "Nemmeno quella contadina di Linsday Lohan arriverebbe a mettere quel cazzo di Gari sopra il Temori! signori questo è un affronto, chiamatemi un responsabile!"
GD: Capisce, questo è un segno evidente di guarigione
I: Si capisce. Signori grazie per la vostra testimonianza
CS: Dovere
GD: Non vuole vedere il dromedario?
I: Meglio concludere qui
CS: Le assicuro che è straordinario, Giannicola prendi un chewing gum
I: Signori grazie ancora
GD: Almeno prenda una mentina

Mi trovai costretto a rifiutare quelle che, dentro un recipiente di vimini, avevano tutto l'aspetto di noci.

Leon Blavatsky

venerdì 8 aprile 2011

Good porn loves Lust



Vogliamo discutere dell’educazione sessuale dei nostri giovani? Vogliamo parlare della pornografia e, soprattutto, della pornografia contemporanea che usufruisce dei numerosi nuovi mezzi di comunicazione? Vogliamo elencare tutte le distorsioni, le patologie più o meno complesse, le difficoltà socio-relazionali, i disturbi psichici che un abuso di questa comporta? Vogliamo denunciare il maschilismo e la degradazione della figura femminile che la maggior parte dei prodotti pornografici odierni avalla più o meno subdolamente? Vogliamo, anche, citare sondaggi in cui è presentata una percentuale paurosa di europei che fanno poco sesso e male (tanto che la domanda sorge spontanea: “Ma che pure io?”)? Vogliamo discutere dell’inebetimento delle masse ottenuto da una esposizione continua e pervasiva a riferimenti sessuali che annientano la coscienza, quella critica soprattutto? In realtà non ce frega nulla ma, per introdurre l’argomento in questione, ci/ mi tocca questo noioso compito. Come tutti ben sanno, i giovani rampolli della specie umana (in una fascia d’età che va dagli 11 ai 55 anni ma, se si considerano anche i nonni in grado di usufruire della rete, il range, probabilmente, si estenderebbe) trascorrono un quantitativo notevole di tempo libero, e non, sugli appositi siti internet trastullandosi nel magnifico mondo della pratiche autoerotiche sollecitate da materiale pornografico, Wikipedia: YouPorn “nell’Aprile del 2008 è arrivato al trentasettesimo posto nel ranking dei siti più visti al mondo” (sono curiosa di sapere quali siano gli altri trentasei…). Questo molto spesso fa si che, come invece ben sanno le giovani rampolle, il fatidico e tanto atteso primo amplesso lasci abbastanza insoddisfatti e dubbiosi entrambi i partecipanti: la componente maschile si aspetta di compiere chissà quali evoluzioni fisiche, che la propria fidanzatina diciasettenne si riveli una ginnasta pettoruta e che essa lo avrebbe piacevolmente sorpreso invitando la propria amica mentre le fanciulle, le quali hanno impegnato lo stesso quantitativo di tempo in fantasie altrettanto improbabili e fuorvianti, non si capacitano del fatto che i muri non tremino, che il piacere derivante non sia un intenso brivido caldo che avvolge e annebbia mente e corpo fino allo svenimento o per lo meno che non duri più di quindici minuti.
Ovviamente si tratta di una banalizzazione e di una generalizzazione esagerate ma non crediate che tali nefasti episodi siano poi così rari o inverosimili. Nessuno in cuor suo può seriamente dare la colpa alla masturbazione in quanto tale, vero atto di amorevole cura verso sé stessi, ma allora l’intoppo dovrà ricercarsi proprio nel mezzo, un mezzo come metafora spaziale e anche nell’accezione di strumento. Magari non è il caso di additare come bigotto chi parla di maschilismo e di sessualità degradata di tanta parte del materiale pornografico circolante. Magari la si può spendere una manciata di minuti con la propria ingenua e smaliziata prole discorrendo di come il sesso possa essere tanto più sano, bello e piacevole; di come i metodi di protezione non siano punizioni divine inventate per rovinare il gioco; che no, quella posizione è anatomicamente impossibile e che le donne non emettono veramente quei rumori. Ma basta dare un’occhiata a quello che succede nel mondo per comprendere che tanta arguzia da parte del genere umano è, forse, chiedere troppo.

Qualcuno, però, ha preso a cuore queste delicate problematiche e si sta impegnando per noi e per una società migliore. Fra i tanti valorosi e degni di lode voglio citare una regista svedese che dal 2007, anno in cui esce Five hot stories for her scritto e diretto da lei medesima e vincitore di numerosi premi tra i quali il miglior film dell’anno al Feminist Porn Award di Toronto (l’ho sempre detto che i canadesi stanno avanti), lavora per costruire un’immagine meno stereotipata e falsata del sesso e della sessualità sia nella concezione comune sia rispetto alla pornografia vera e propria e diffonde il suo verbo tramite film con qualche velleità artistica, documentari erotici (che vincono concorsi di documentari erotici), un tweettatissimo blog stracolmo di spunti interessanti ma anche critici, un portale on-line dove vengono raccolti e proposti i migliori prodotti del nuovo cinema per adulti, e tradizionali libri stampati. Il nome di Erika Lust spadroneggia nell’ambiente del porno radical-chic.
Ora, l’impegno e la buona volontà di questa trentaquattrenne piena di risorse potrebbero forse essere un po’ oscurati dal fatto che abbia scelto come nome d’arte proprio il termine “lussuria”; qualcuno eccessivamente prevenuto potrebbe, anche, darle dell’esaltata per avere intitolato il suo ultimo film Life Love Lust; io personalmente sarei curiosa di sapere come ha impiegato il suo brillante ingegno dal 1977 (anno di nascita) fino al fatidico 2007 (la mia però è un’ossessione che deriva da studi classici lastricati di esempi illuminanti di straordinarie conversioni mistiche avvenute intorno alla trentina) tuttavia credo che in molti potranno aprezzare, se non essere grati per il suo contributo alla nascita di una nuova sensibilità verso la sessualità (mi sono imbattuta in diverse espressioni come “new adult cinema”, “fresh perspective on adult enterteiment”, “feminine and femminist approach”, “porn for women trend” quindi si tratterebbe di una vera e propria rivoluzione nel cinema cosiddetto per adulti). Film che raccontano un rapporto sessuale più realistico, avulso dalle banalità e da scontati clichés, senza quei brutti omaccioni con la pansa (romanesco nel testo n.d.r.) e donne in grado di portare i tacchi alti a letto; film che non intendono eguagliare la fantasia erotica alla realtà ma stimolarne una diversa, più genuina e valida per entrambi i sessi.  Una visione del sesso spogliata dai pregiudizi religiosi, da informazioni false e tendenziose, da intolleranze discriminatorie e da stereotipi nocivi non può che renderci persone migliori e felicemente appagate.

Bello, molto bello ma dopo questo appassionato elogio voglio lasciarvi, cari lettori, con un interrogativo che mi preme non poco: non mette ansia anche a voi l’idea che il Porno salverà il mondo?

martedì 5 aprile 2011

L'importanza di chiamarsi Murdoch


In questa vita di stenti e amarezze, per sopravvivere alle difficoltà quotidiane, che tendono ad aumentare esponenzialmente nel caso voi siate iscritti a Lettere e Filosofia alla Sapienza, è indispensabile rintracciare nel magma confuso dell’esistenza un qualche espediente che allevi, per quanto possibile, l’ansia dell’esistere: piccoli piaceri quotidiani su cui concentrarsi per non smarrire completamente l’illusione di sensatezza che ci sprona ogni dì ad alzarci dal letto. Ebbene, se ancora trovo la forza di trascinare le mie stanche membra su e giù per le scalette della suddetta facoltà debbo senza alcun dubbio rendere grazie a Sky. Nonostante le periodiche crisi familiari che l’abbonamento super completo (quello che ti permette di vedere tutti tuttissimi gli incontri di calcio, basket, rugby, golf, ginnastica ritmica, triahtlon, sci marittimo, bridge, corsa ai sacchi in diretta, differita, capovolti o remixati; tutti i film un’ora dopo, metà mo metà dopodomani, al contrario, in lingua urdu; tutti i reality italiani, europei e galattici; tutte le soap opera brasiliane in director’s cut and much more) comporta tra le mura domestiche, Sky mi garantisce ogni giorno e a ogni ora la promessa di un “qualcosa” che possa riempire i miei vuoti esistenziali. E sfido chiunque a osar mettere a paragone il digitale terrestre con il calore e la gioia che la programmazione di Sky offre ai suoi spettatori quotidianamente. Niente a che vedere. E’ vero, capitano serate in cui l’offerta dei 73,4 canali di cinema va da “La vita è una cosa meravigliosa”, a “Prince of Persian”, a “I predatori della città perduta”, ripetuti, per di più, a orari diversi. Ma anche in quelsto caso Sky è pronta a coccolarvi e a soddisfare il vostro desiderio di oblio. Basterà digitare sul vostro affabile telecomando fantascientifico i canali dal 109 (nonsotante anche il canale 108 di Mtv rientri di tutto diritto nella categoria) e vi ritroverete catapultati in un vortice di mondi che aspettano solo di farvi “vivere da protagonisti”. Tralasciando l’infinità di serie tv da gustare da mane a sera, ciò che davvero risolleva le sorti della mia giornata sono tutti quei programmi di difficile definizione (reality? Sit-com? docu-fiction?) che si ingegnano nel mostrarci tutte le molteplici sfacettature della vita umana dal di dentro. Con quel loro irresistibile mix di pateticità, risate, competizione e voyeurismo, ammetto senza vergogna che nulla, quasi quasi nemmeno l’intervista a Luca Argentero su Sky Cinema 1, mi cattura di più. Rimango col fiato sospeso nel sapere se verrà eliminata la nera dalla gambe chilometriche o la roscia sbarazzina dalla fase finale di “America’s next top model”, mi commuovo quando il frocissimo arredatore di “Extreme Makeover: Home edition” mostra la nuova camera da letto da sogno (con tanto di petali di rosa sul giaciglio) alla coppia di operai sottopagati della Crhysler, ormai da mesi stanziata in una roulotte con prole al seguito, prendo appunti quando la Stefanenko sciorina suggerimenti alle partecipanti di “Mi ha lasciato…Cambio vita!”. Se non avete idea di che cosa io stia parlando, vi suggerisco ardentemente di abbandonare qualsiasi altra operazione voi stiate compiendo in contemporanea con la lettura di questo post e di fiondarvi con rincorsa sul vostro divano, su quello del vicino o, se siete così sfortunati da non aver accesso diretto al segnale di Sky, per lo meno nel reparto televisioni e hi-fi del vostro Trony di fiducia. Non potete assolutamente continuare la vostra esistenza ignorando tali perle della mente umana. Si va dai cuochi di classe che si danno battaglia per diventare Cuoco-più-trendy-del-mondo-occidentale, alla rieducazione vestiaria coatta di quarantenni dalla congenita incapacità di abbinare capi d’abbigliamento, passando per l’immancabile spruzzata di burlesque (mica vorrai azzardardarti a sentirti donna senza un corpetto rosso merlettato addosso?). Addentrandosi ancora un po’ nella giungla di canali che si spingono a ridosso del 200, lì dove si erge imponente l’impero dello sport, può capitare di imbattersi in robbina un po’ più, come dire, hard. In tempi come questi, chi di voi non desidera scoprire come si diventa impiegata in una casa di piaceri nei pressi di Las Vegas? Eccovi soddisfatti: non chiedetemi il titolo ma giuro sull’esistenza di un reality che segue delle ragazze che si accingono al mestiere, tutte gridolini di eccitazione e telefonate lacrimose con le mamme biondo platino (“Mamma, sto per avere il mio primo incontro, sono emozionatissima!”). E come non citare “Non sapevo di essere incinta” che, come il fantasioso titolo lascia presagire, ci racconta come giovani donzelle in sovrappeso sgravino pargoli da un momento all’altro, ignare per nove mesi di trovarsi in stato interessante. Vi lascio immaginare quali devastanti effetti psicologici possa aver avuto su di me una simile visione. Ciò che più è da apprezzare in questo tipo di intrattenimento è l’indubbia funzione sociale trasversale: da un lato permette a noi comuni mortali di sbirciare dal buco della serratura dei villoni californiani di “The Hills”, o di rammaricarci di non aver avuto un rapper ad animare la nostra festa dei diciotto anni, come capita alle fortunate protagoniste di “My super sweet 16”, ma dall’altro entra nelle case della gente comune ,alle prese con epopee quali tirar su figli (alzi la mano chi di voi non vorrebbe una bambinaia ad hoc come quelle di “SOS tata”), e offre, così, spaccati di vita vissuta degni del miglior Neorealismo. In fondo, tutto questo per cosa se non catalizzare la nostra empatia e farci sentire tutti un po’ più vicini, un po’ più uguali, tutti irrimediabilmente sulla stessa barca? Grazie Sky, ché ogni giorno mi rammenti quanto sono umana.

venerdì 1 aprile 2011

Allegria portami via.


Esiste una particolare abitudine che l'uomo, fin dagli albori della civiltà, non ha mai perso: quella di porsi grandi domande esistenziali.
Gli antichi greci, poniamo: quando non erano impegnati a suicidarsi col veleno, o a escogitare nuovi metodi per adescare pargoli bramosi di conoscenza, si ponevano domandoni come “cos'è l' essere?”, “cosa innalza l'uomo al di sopra degli altri animali?” e altre simili flebo di vitalità.
Ci sono domande esistenziali che l'intera società si pone, come ad esempio “quale parto malsano della mente umana può aver dato origine alla moda anni '80?”; poi ci sono domande esistenziali private, che ognuno segretamente cova dentro di sé, ci si arrovella sopra, non ci dorme la notte. Prendete me: non passa notte in cui io non mi chieda a quale scopo ho compromesso la mia serenità infantile portando l'apparecchio dentale per anni, se poi la compagna di Johnny Depp, nonché madre dei suoi figli, ha un piccolo Canyon tra gli incisivi.
Ma bando alle digressioni sui miei drammi personali. Avrete notato che tutte queste domande hanno un elemento che le accomuna: non hanno una risposta. O per lo meno non hanno una risposta precisa, verificabile, scientifica.
Premesso ciò, converrete con me che la domanda su cui il popolo italiano si arrovella ultimamente si possa a tutti gli effetti definire esistenziale: che fine ha fatto la salma di Mike Bongiorno?
Vecchio furbone. Proprio quando ci eravamo abituati all'idea che fosse immortale, ci ha sbalorditi con la sua morte. Poi ci siamo abituati anche alla sua morte ed ecco che- puff, ci ha sbalorditi con la sua scomparsa. Ahi ahi, signora Longari.
Una cosa è certa: la scomparsa dell'iconico cadavere ha titillato l'immaginazione di molti, goliardici creatori di pagine Facebook. Digitate il suo nome, vi si paleseranno davanti una processione infinita di titoli quali: “Mike Bongiorno- Gesù, 1-1”, “Mike Bongiorno è risorto”, “vendere la salma di Mike Bongiorno per comprare una vocale”, “essere sicuri che Mike Bongiorno presenterà sanremo 2011”, “ebrei che non vogliono ammettere la resurrezione di Mike Bongiorno”...io mi fermo qui, ma ci sarebbero tante, tante altre perle da condividere col mondo.
Queste pagine possono risultare estremamente offensive per molti ma, a ben guardare, evidenziano un problema reale. Ci ho messo un po' per accorgermene, ho dovuto aspettare che il tripudio di risa e l'incontinenza causatimi dalla lettura dei titoli andassero scemando. Poi mi sono detta: un riscatto, per la salma di Mike, non lo hanno mai chiesto. Legittimo quindi chiedersi che fine abbia fatto, perché mai se lo siano preso.
Così, infine, sono arrivata ad una personale soluzione della domanda esistenziale.
Le groupies esistono, sono una realtà nella società moderna. Chi ha detto che debbano per forza essere avvenenti donzelle dai capelli cotonati e dai collant volutamente violentati? La più ingrifata delle groupies potrebbe benissimo nascondersi sotto copertine di lana ricamate a mano, pannoloni e tinte per capelli tendenti al violetto.
Un'arzilla ottantenne con la fissa per quell'uomo che ha accompagnato i suoi sferruzzamenti per così tanti anni. Dopo aver gelosamente raccolto registrazioni, articoli di giornale, libri, foto, manca solo la salma per coronare l'idillio. Così l'irriducibile groupie si arma di ruspa e, catetere in una mano, zappa nell'altra, si mette al lavoro per coronare il sogno di una vita. Me la immagino, ora, che si prepara la minestrina mentre parla col suo consorte chiuso nel congelatore.
Omnia vincit amor.

Per rassicurare tutte le altre groupies di Mike che sono rimaste a bocca asciutta, vorrei spendere una parola di conforto. Sicuramente tra poco uscirà Tomb Raider 12: looking for Bongiorno. Smettetela di sferruzzare e procuratevi una console.

mercoledì 16 febbraio 2011

Siamo tutti Vanni Fucci.


Per san Foca prestigiatore, bestemmiare è reato. Lo stabilisce il codice penale vigente, che risale al 1930 (un anno dopo la firma del concordato), all'articolo 724, nella sezione concernente «la polizia dei costumi». Certo, di acqua sotto i ponti ne è passata e il cattolicesimo non è più la religione di Stato (dal 1984). Il reato è stato depenalizzato (1999) e, in un'ottica multiculturale e tollerante, è stato esteso a tutte le religioni (non si può bestemmiare neanche Allah. 1984).
Sia ben chiaro, tuttavia, che ad essere proibito è il vilipendio della Divinità. Mentre la cornice religiosa resta attaccabile sui diversi fronti. È lecito per esempio dire: «Accidenti all'ostia e a chi l'inghiotte» o «Che l'arca dell'alleanza affondi mentre san Teobaldo sacerdote eremita fa il tiro a segno con Gabriele e l'intero stormo di angeli».
Nessuno si stupirà, poi, se dei sindaci leghisti continuano a produrre delle norme che vietano di «proferire bestemmie o ingiurie nei confronti della religione». Gianluca Buonanno è il sindaco di Varallo, un comune in provincia di Vercelli. Prima di emettere un'ordinanza anti-blasfemia, il celta Buonanno aveva già proibito il cosiddetto 'burkini', ovvero il costume da bagno per musulmane osservanti (che somiglia ad una tuta della Nike), affermando che la vista di una «donna mascherata potrebbe creare turbamento soprattutto nei più piccoli, senza parlare poi di eventuali problemi igienici». In seguito, rilevando che (cito l'ordinanza n. 102 dell'agosto 2010) «è diffuso (purtroppo) l’uso di pronunciare bestemmie e ingiurie di contenuto triviale nei confronti della religione cattolica», ha ritenuto opportuno e doveroso punire tale infame pratica con una sanzione che va dai 100 ai 200 euro. Sì, perché oltre che verso la religione cattolica, le ingiurie mancherebbero di rispetto nei confronti del Sacro Monte, simbolo religioso di Varallo nonché «patrimonio dell’Umanità riconosciuto dall’UNESCO».
È, invece, stato attento alle esigenze delle differenti comunità religiose presenti in Italia il sindaco di Brignano Gera d'Adda (provincia di Bergamo). Valerio Moro (manco a dirlo, leghista pure lui) ha proibito di bestemmiare ogni Dio, «quale esso sia». Comunque, il suo atteggiamento è nel complesso più morbido di quello del collega di Varallo. Infatti il divieto è solo simbolico e non è prevista nessuna pena: «È una decisione che nasce dal buon senso. Ci mancherebbe altro che gli agenti della polizia locale andassero per strada a multare chi bestemmia. La nostra voleva essere una bacchettata morale, che in qualche modo facesse seguito allo sfogo di don Marco». Proprio così. Più che un vero divieto, la norma è l'ammiccamento del Comune al parroco del paese, don Marco Bosio. Il giovane prete (che tra le pagine del suo profilo facebook ha Nek official e Questo embrione avrà più fan di Emma Bonino), stanco di ascoltare in oratorio le blasfemie dei giovani, ha iniziato una crociata contro i cattivi costumi della gioventù di Brignano. E quando don Camillo alza i toni, anche Peppone china il capo. Tant'è che l'opposizione comunale non ha reagito contro la norma proposta da Moro. Anzi, condividendone la sostanza, al momento del voto in consiglio comunale si è astenuta.
Chiudiamo il bollettino delle nostre Cronache di Provincia con un paio di consigli per il bestemmiatore di mestiere (N.B.: il contenuto del testo che segue si connota in immotivate e gratuite violenza e trivialità; è fortemente sconsigliata la lettura ai minori, ai deboli di stomaco e agli afferenti alla Chiesa cattolica apostolica romana): «Per le stimmate di padre Pio scopate a turno dagli apostoli»; «Caro Gesù, tu che sei esperto, mi consiglieresti una buona marca di chiodi?».

giovedì 10 febbraio 2011

Darwin, mi dispiace tanto.


Tutti gli esseri viventi hanno bisogno di mangiare. Ogni creatura ha trovato un modo più o meno dignitoso per soddisfare questa necessità biologica: i leoni sbranano cuccioli zampettanti e indifesi, le iene si accattano quello che lasciano i leoni, le balene saziano le loro 160 tonnellate di peso con particelle di plancton che neanche si vedono, le zanzare ci succhiano e spesso poi muoiono sotto pantofole assassine.
E l'uomo?
L'uomo, se ha fame, non trova un modo diretto per sfamarsi, come fanno tutti gli altri animali, no. L'uomo, se ha fame, deve prima guadagnare, e per guadagnare deve lavorare. Poi potrà mangiare. La specie più intelligente del mondo che fa questo ghirigoro immenso per farsi una carbonara. Il tempo che ci mettiamo noi a scrivere il curriculum, il leone ce lo mette per trucidare tre gazzelle.
E lavorare non è cosa leggera. Che si debba stare 15 ore al giorno in fabbrica, o a fare il minatore, o a costruire sotto il sole cocente, o a calciare un pallone per milioni di euro a settimana, o a fare giochi erotici col Premier dopo l'orario di scuola, lavorare è una fatica.
Più che Homo Sapiens, dunque, “Homo Masochisticus”. Ebbene voi non ci crederete, ma tra tutti gli esemplari di ominide ce ne sono alcuni (un'enorme quantità, a dire il vero) che non si accontentano di questo giro immenso, lo vogliono allungare. Questi sovrani assoluti del masochismo sostengono che prima di lavorare, ebbene sì, sia utile studiare.
In attesa che l'ineluttabile processo della selezione naturale elimini questi elementi così imbarazzanti per la specie, cerchiamo di capire a quali sciagure vada incontro un ominide-tipo di questa categoria che, per comodità, chiameremo Studente.
Una volta finita la scuola dell'obbligo, Studente decide che vale la pena stare ancora un po' economicamente col culo per terra, così si iscrive all'università. Qui c'è bisogno di un'ulteriore categorizzazione: il livello e il tipo di masochismo di Studente si misurano a seconda della facoltà che sceglie. Se Studente si segna a facoltà scientifiche (fisica, ingegneria, mettiamoci pure medicina, ecc.) si sta facendo del male perché le materie che studierà lo porteranno alla calvizie, alla misantropia, alla vecchiaia precoce. Tuttavia è molto probabile che, se otterrà la laurea prima delle esenzioni sui pannoloni, troverà un lavoro ben pagato e gratificante.
Ma la vera piaga sociale è rappresentata dallo Studente che opta per le materie umanistiche. Questo povero disgraziato si trova davanti circa un miliardo di esami che lo separano dalla laurea, ma non è questo il dramma peggiore: una volta ottenuta la triennale, si renderà conto che questa vale meno dell'attestato di partecipazione al corso di bricolage della parrocchia. Da qui Studente si impantanerà nel torbido circolo delle specializzazioni e dei master, per poi finire, a cinquant'anni, a friggere Chicken Mc Nuggets o a fare le televendite dei materassi.
Ma Studente si è appena iscritto a Lettere alla Sapienza e queste cose ancora non le sa. A lui basta, per ora, respirare l' aria intellettuale dei larghi corridoi in pseudomarmo, vedere i radical chic che sfogliano i libri di Palahniuk, per sentirsi parte di una cerchia di privilegiati.
Il sentore della crisi Studente lo avrà con i primi esami. Vorrà studiare all'università, cercherà una biblioteca, si renderà conto che le biblioteche a Lettere chiudono quasi tutte troppo presto e sono gremite di altri Studenti. Ci sarà un solo luogo in cui si potrà rifugiare. Questo luogo si chiama MUSEO DELL'ARTE CLASSICA.
Fuggite, sciocchi.
Il museo dell'arte classica è una struttura architettonicamente collegata alla facoltà di Lettere: piuttosto ampia, gremita di riproduzioni in gesso di tutte le sculture greche più famose. Probabilmente chi lo ha ideato ha pensato: ”Oh, questo luogo sprizza cultura da tutti gli orifizi! Mettiamo dei lunghi tavoli qua e là, in modo che gli studenti vengano qui a studiare”. Bello. Peccato che gli orifizi sprizzeranno pure cultura, ma non accolgono nemmeno un raggio di luce. Il museo è un covo di freddo e oscurità, umido, male illuminato dalle luci artificiali; le statue greche sembrano squadrare Studente con odio, temendo di essere da lui schernite per via dei loro nasi mutilati e dei loro organi genitali così dannatamente piccoli. Studente diventa paranoico, inizia a parlare da solo, l'oscurità gli schiarisce la pelle, lo porta alla quasi totale cecità. Passano gli esami, arriva la laurea triennale. Studente non è più il ragazzo spensierato e vagamente fatto che era al primo anno, il museo dei gessi lo ha cambiato. Ora è una specie di Gollum, ha bisogno degli occhiali anche per leggere i cartelli luminosi in autostrada, una Leopardiana gobba gli fa compagnia dietro la schiena, il Discobolo è diventato il suo migliore amico. E siamo solo alla triennale.
Se Darwin aveva ragione, non è possibile che individui del genere vengano risparmiati dalla ghigliottina della selezione naturale. Alla fase della nutrizione non ci arrivano nemmeno, secondo i miei calcoli. Chi esce dal museo dei gessi si riconosce, come si riconoscono i reduci del Vietnam. Facciamo un favore a loro e alla specie, cerchiamo di reintegrarli nel cerchio della vita: regaliamogli lampade abbronzanti e operazioni agli occhi, convinciamoli a fare provini per il Grande Fratello. Insieme possiamo farcela, Darwin sarà orgoglioso di noi.
.Come?...
Oh, scusate, ci sta il Discobolo che mi chiama, dice che è pronta la cena. Devo proprio andare, tessssori.

martedì 8 febbraio 2011

A fin di pene.



Prima o poi tutti, ma proprio tutti, cadranno vittima della delocalizzazione. E non c'è merito che il lavoratore possa vantare per salvare il culo. Sarà licenziato, anche se ha portato il caffè al capo per vent'anni, ha sgobbato duro la domenica o ha addirittura inventato il viagra. È quello che sta per succedere ai 2400 impiegati dei laboratori della Pfizer di Sandwich, una cittadina inglese dove si mangiano solo panini e si fa sesso sempre in tre.
In quei laboratori, nel lontano 1986, si svolgevano delle ricerche su un farmaco che sarebbe stato in grado di inibire un enzima responsabile dell'angina pectoris. Dopo quattro anni di ricerca, gli scienziati capiscono finalmente che erano completamente fuori strada, ma i pazienti (cioè: le cavie) riferiscono alcuni preoccupanti effetti collaterali dell'assunzione del farmaco. Il sidenafil, studiato come calcioantagonista (cioè: che impedisce l'afflusso di calcio nelle cellule del miocardio, Lotito non c'entra nulla), provocava impreviste ed imprevedibili erezioni. Così, per caso, nasce il viagra.
La bella favola dei laboratori di Sandwich sta dunque per finire. Il fenomeno Made in China, d'altra parte, coinvolge tutti i settori del mercato, salute compresa. E, si sa, con i cinesi non si scherza. Quelli non hanno scrupoli e sono disposti a contraffare tutto, anche la madre. E il viagra. È del 26 gennaio scorso la notizia del sequestro di 75 scatole che contenevano un farmaco del tutto simile al viagra, ma privo di certificazioni, bugiardino e corredo farmaceutico vario. In compenso, sul cartone c'era la foto di una bella e avvenente ragazza che avrebbe causato negli assuntori gravi problemi di priapismo. Il prodotto era in commercio a Cassino, ma le Fiamme Gialle (partendo da una conversazione goliardica di alcuni sessagenari al bar) hanno individuato l'organizzazione criminale che, coinvolgendo alcune società scandinave, dalla Cina esportava il prodotto in Italia, passando dal porto di Napoli.
Che anche i celoduristi italiani facciano uso della pillola blu è cosa risaputa. I tre milioni di maschiacci affetti da disfunzione erettile non perdonano. Tant'è che dalle statistiche di ricerca di Google emerge che l'Italia, negli anni Duemila, si è trovata costantemente nella top-ten dei Paesi che usano il motore di ricerca per trovare siti e informazioni riguardanti il viagra (termini di ricerca più gettonati: “viagra online” e “viagra senza prescrizione”). Nel 2006, anzi, il primato era inequivocabilmente italico, mentre la Russia seguiva con affanno.
Eppure, una certa ritrosia nei confronti della medicina sessuale è ancora diffusa tra gli esemplari di maschio italiano. Infatti, nel lontano 2007 una signora di Frosinone, stufa del proprio marito pantofolaio ed impotente, invece (o, forse, incapace) di tradire, ha pensato di ricorrere ad un metodo di assunzione più subdolo. Per non offendere l'orgoglio virile del marito operaio cinquantatreenne, ha disciolto nel bicchiere di vino dell'uomo ben due pillole di viagra. Immediati gli effetti: l'uomo comincia a toccarsi (la spalla) e ad avvertire dei tiramenti inconsueti (al petto), poi dice: «Non mi sento bene,» e crolla per un infarto. Fortunatamente, il 118 – prontamente avvertito dalla moglie – ha salvato l'uomo, che dichiarerà: «È stata una prova d'amore da parte di mia moglie [sic!]. Per me è stato un periodo di forte stress che mi stava allontanando da lei, al punto da trascurarla anche sessualmente [frocio]. Non ho mai avuto problemi del genere, tengo a precisarlo [bugiardo], forse solo problemi cardiaci, visto che ho rischiato di morire d'infarto [ma non mi dire]. Ma passerà anche questo, ne sono certo. Ora che ho visto la morte in faccia [era blu come un puffo e aveva il marchio della Pfizer ben in vista] ho capito che non c'è cosa più importante della famiglia [dopo aver attraversato innumerevoli peripezie e superato difficili prove, il nostro eroe si ricongiunse ai suoi cari, con i quali trascorse il resto dei suoi giorni felice, contento e sessualmente appagato].»

lunedì 7 febbraio 2011

24a Giornata di Campionato. Improvvise e Scoppiettanti sorprese.


Leonardo 10: Non esiste uomo su questo pianeta che riesca come lui a farmi venire la voglia di spaccare il televisore con un volume a copertina rigida dei Fratelli Karamazov. Come penso non esista alcun brasiliano al mondo che riesca ad utilizzare "Bon" come interiezione. Come al solito arriva sbavando ai microfoni, avido di viscidume e buonismo nauseante:
- "Bon, voglio innanzitutto congratularmi con la Roma che è la squadra migliore del campionato. Bon, noi abbiamo fatto una buona partita ma niente rispetto a loro che sono belli e bravi ma hanno sfortunatamente perso. Vucinic può vincere il pallone d'oro e io penso che la questione delle adozioni per le coppie omosessuali sia un qualcosa da riprendere in considerazione. Bon, anche se effettivamente i cattolici hanno tutte le ragioni del mondo per protestare perché il bambino ha bisogno di due figure complementari e poi i cattolici sono i cattolici migliori del mondo, senza dimenticare i gay. ah dimenticavo, bon: Andreotti verrà ricordato sempre come una brava persona. In quanto alla partita...bon...è stato il miglior Inter-Roma di sempre: quello con più gol
- ehm, non è vero mister
- Bon, sì quello con più gol, la partita più spettacolare di sempre, io stavo masturbandomi in panchina nel vedere quello spettacolo pur stando vicino a tutti quelli che son contrari a tutto questo genere di cose e bon...
- mister le stavo dicendo che non è l'inter roma con più gol c'è stato un 5 a 4 con Zeman e un 6 a 2 della roma sull'inter con spalletti
- Bon, avrete anche le vostre ragioni, ammetto che siete dei giornalisti fantastici, i migliori di sempre. 8 gol in un Inter Roma non si erano mai visti, Ronaldinho tornerà quello che tutti conosciamo e amiamo e un saluto a Teocoli, sempre Forza Milan Teo!
PRETE! PRETE! E PRETE!
Amauri 9: Dopo due anni di sofferenza alla Juve, fischiato e contestato, chiede delucidazioni a mister Delneri. Capisce una volta per tutte che Zamparini a Palermo gli spiegò male le regole del calcio. Si sente ingannato e tradito, passa così i primi mesi del campionato in preda a profonde crisi esistenziali e dubbi circa il suo futuro. Si ritrova a valutare tre bizzarre ma allettanti offerte:
1. su proposta della stessa Lidia Togni arruolarsi nella squadra dei suoi fantastigliosi trapezisti, la situazione lo stimola ma non è convinto di poter essere in grado di tagliarsi i capelli.
2. Fare da cavia per i prossimi shampi della Garnier, azienda che pare abbia inventato una innovativa soluzione a base di Saccarina, Pompelmo, tuorlo d'uovo, coca-cola e Nesquik, in grado di farti diventare i capelli esattamente come quelli di Amauri.
3. Su chiamata del suo primo maestro di ju jitsu, tornare a far parte della sua vecchia nazionale federale di ju jitsu dello stato del pernambuco. Decide per quest'ultima ipotesi ma si ricorda di aver scelto ormai la nazionale italiana e non potrebbe più partecipare a nessuna gara. Quando ormai l'amarezza e la disperazione sembrano sopraffarlo arriva finalmente la chiamata giusta: il Parma, squadra costruita col preciso scopo di andare in serie B con gli scarti della Juventus, lo vuole con sé. Pare che nel caso l'impresa riesca il ds Leonardi potrà vincere la vita di 40 maggiorate nordafricane messe in palio da Lele Mora (naturalmente il presidente Ghirardi non ha voce in capitolo, essendo lui mero frutto di un complesso sistema ologrammatico ispirato al mago pancione).
Leonardi lo assicura che potrà tornare a giocare come sapeva fare a Palermo - per essere più chiari: potrà tornare a giocare con le regole del  Beach Soccer. In questo modo domenica torna al gol insaccando la palla dopo una delle circa 24 rovesciate tentate nel corso della partita, con le solite movenze di un Bolle in diarrea prestato al calcio. Viados.
Loria 8: Lo sceneggiatore di Romanzo Criminale gli aveva cucito su misura un nuovo personaggio: Er Capoccione, vecchio e tenebroso boss della mala romana che ha per anni sfornato pane fatto con la cocaina al posto della farina, senza mai rendersene conto, nel suo forno di Garbatella. Personaggio dall'interiorità tormentata e con una vaga propensione alla necrofilia dovrà essere uno dei punti di forza della prossima serie. In procinto di abbandonare i campi di calcio Ranieri lo richiama in squadra a causa della 19esima espulsione stagionale di Burdisso-Escobar e anche perché Loria sembra ben adatto alla sua idea di calcio come diverissement palazzeschiano. E' un ritorno col botto il suo: da quando calca il terreno di gioco iniziano a piovere tiri e dribbling nell'area giallorossa, si fa saltare sisematicamente da Nagatomo e segna in caciara la rocambolesca rete del 3 a 4. Sabato c'è il Napoli, Er Capoccione può aspettare. Ci sei mancato.
Ranieri 3: Uscirà tra poco nelle migliori librerie il suo volumetto dal titolo "Approssimazioni a un grado zero della tattica. di come rendere la tua squadra di calcio il giappone di Holly&Benji"; libro scritto in collaborazione con Cicoria Tempestilli e Tzvetan Todorov, eminente strutturalista bulgaro. Nel suo libro Ranieri dà delle indicazioni essenziali e pratiche per far sì che la tua squadra sia così allungata da dare l'impressione di trovarsi su un campo da gioco vasto quanto l'arizona; la premessa essenziale è naturalmente quella di avere in attacco dei giocatori il più simili possibile al tridente Mark Landers, Tom Becker, Holiver Hupton. Ruoli ricoperti nella Roma da Borriello, Menez, Vucinic. Lui si diverte, è felice nel vedere nella roma l'applicazione pratica delle sue teorie dell'anti-tattica. Realizzato.
Eto'o 2: Strozzati!
Zarate 1: Uno tecnico per un Zarate al rientro dalla squalifica.

Nota per il lettore: Questo pagellone è stato pubblicato oggi in forma particolare e ridotta. La causa, il lettore forse lo capirà da sé, è la assoluta significatività grottesca delle cose accadute in questa giornata di campionato.

Leon Blavatsky

sabato 5 febbraio 2011

Giangiacomo Feltrinelli: tutto ma non un elettricista



Giangiacomo Feltrinelli nasce miliardario a Milano, nel 1926. Nel 1935 viene prematuramente a mancare il padre e lui fa in tempo a diventare abbastanza grande per capire che la madre ninfomane si sbatteva tutti i gerarchi fascisti che bazzicavano Milano.
Giangiacomo - d'ora in poi Osvaldo (così amavano chiamarlo gli amici) - ha alle spalle una famiglia di origini nobiliari e il padre, Carlo, è presidente di svariate società di strozzinaggio, fra cui il Credito Italiano, Edison e una società di legname leader nell'unione sovietica, forse un presagio.
Nel 1944, con la mamma che inizia a dare i ricevimenti privati in una villa dell'argentario, Osvaldo, stufo di sentire ululare nella stanza accanto, decide di passare i propri pomeriggi nel comitato di liberazione nazionale. E' come se fu l'antifascismo a scegliere lui e non il contrario, direbbe uno bravo. Chissà perché il rapporto con la mamma non si rimarginerà più del tutto e molti psichiatri si affanneranno a leggere la sua vita come una continua ricerca di compensazione delle due figure genitoriali. Fatto sta che Osvaldo trova un'altra famiglia un anno più tardi: si iscrive al partito comunista al quale verserà, inoltre, ingenti contributi finanziari (che servirono più che altro al tentativo di trapianto-baffi di Togliatti, mai riuscito del tutto). Nel 1947 tenta di finanziare una serie cinematografica dal titolo: Peppone, un uomo del popolo. Tentatativo di riabilitazione della figura di Peppone dalle terrifiche vessazioni subite dalle sceneggiature di Giovannino Guareschi, per l'occasione Osvaldo ingrassò di 20 chili per tentare di interpretare lui stesso Peppone-Gino Cervi. Il film fu sequestrato dagli stessi organi interni del partito comunista perché pare che Osvaldo si dimenticò di togliere le Church's dai piedi durante le riprese.
Degli anni che passarono tra il 1947 e il 1954 si sa poco, c'è chi dice lavorasse al progetto di apertura delle catene di autogrill in italia, i meno maligni dicono invece di averlo avvistato sulle rive del Don a praticare la pesca a mosca cantando le canzoni di Charles Trenet.
Nel 1954 Osvaldo - d'ora in poi "Il Giaguaro" (come simpaticamente lo chiamavano i suoi servi - fa il suo ritorno sulle scene con la solita barca di soldi nella valigietta e un'enorme confusione su come utilizzarli. Incontra Valerio Riva che un giorno, tra un bicchierino e l'altro, gli confida: "E fémene ga' bisogno de do animai: un toro in leto e un musso che lavora". Chissà perché il Giaguaro di quel veneziano capisce soltanto: "Che ne diresti di aprire una casa editrice?". Detto fatto, pochi mesi più tardi il Giaguaro e la Feltrinelli editore sono sulle scene con Il Gattopardo e Il dottor Zivago. Qualche mese dopo Il Giaguaro, alla notizia che il libro di Pasternak fu in realtà censurato nell'unione sovietica, decide per il suicidio rituale; quando gli spiegarono in che consistesse lasciò perdere. La casa editrice inizia a fare affari, i libri vanno bene e il giaguaro per la prima volta inizia a non spendere soldi, ma a farli. Questo gli causa una irreversibile crisi, lui, che voleva essere uomo del popolo si ritrovava sempre più ricco, dunque si trovava costretto a mostrarsi sempre più comunista. Inizia a presentarsi in redazione a bordo di una citroen nera con le portiere scassate, la quale, facendo un rumore infernale, avvisava tutti dell'arrivo del capo con una mezz'ora di anticipo. Scendeva da questa citroen con dei vestiti sciatti e volgari che lo facevano rassomigliare a un piccolo Lenin abbigliato come Oliver Twist. Sentendo la colpa crescere dentro di sé decide, in quel periodo, di organizzare delle cene di redazione nelle quali la portata principale era costituita dal cosiddetto "Gateau di Surplus", Giangiacomo spartiva il surplus del suo guadagno con i dipendenti, al punto di farglielo mangiare in un rito semi-eucaristico. Da quel momento in poi l'abitudine di ingurgitare i soldi guadagnati sarà una costante nella sua vita, tanto che pochi anni dopo pubblicò per la sua casa editrice un manuale dal titolo "I 37 modi di cucinare le 5mila, manuale d'uso". Ha il tempo per fare un salto a Cuba per salutare i suoi amici Che Guevara e Fidel Castro e decide che bisogna fare qualcosa di più per il comunismo. Si ricorda che vicino l'Italia c'è una strana isola popolata da pastori e donne baffute, gente che parla una lingua arcana. Decide di correre in Sardegna e prendere contatti con i gruppi indipendentisti locali, è il 1968. Il Giaguaro vuole rendere la Sardegna la Cuba d'italia, eden del comunismo italico. Luogo di rifugio politico per donne baffute e semianalfabeti, per i noiosissimi Althusser e Frida Kahlo, per il nasuto Sanguineti e per quel ciccione di Carlo Levi.  Sarebbe stata un'isola sicuramente divertente, peccato che i servizi segreti corrompono tutti i briganti locali e sventano la rivoluzione rossa. In quegli anni l'ossessione per un possibile golpe fascista è insostenibile, il Giaguaro trascorre le sue nottate davanti la porta di casa, coperto da sacchi di farina, con un winchester in mano. Inizia a regalare soldi a tutti gli uomini che indossano una sciarpa rossa e a quelli con l'Unità sotto il braccio. La polizia, in tal senso, non ci mette niente a sospettare di lui per la strage di piazza fontana e a perquisirgli la casa editrice: trovano di tutto, il Giaguaro aveva finanziato in clandestinità qualsiasi gruppo estremista che avesse almeno la falce o il martello vicino la sua ragione sociale, ma non lo possono arrestare, non hanno prove, allora decide bene di fondare lui stesso un gruppetto di simpaticoni eversivi: il GAP (Gruppo d'Azione Partigiana), paramilitari dalla radicata convinzione che Togliatti avesse ingannato gli italiani non permettendo la rivoluzione e sostenendo che il colore del comunismo fosse il rosso e non il giallo, come loro credevano.
E' 14 Marzo 1972, alle 10 del mattino viene rinvenuto il suo corpo sotto un traliccio elettrico di Segrate, accanto a un carico di dinamite e insieme a una falsa carta d'identità riportante il nome di Vincenzo Maggioni. Nel tentativo di staccare la corrente a tutta Milano tocca i cavi sbagliati e finisce fritto, a Segrate, forse tradito da un certo Gunter, bombarolo ufficiale dei GAP.

<<Un rivoluzionario è caduto
. Lo dipingono ora come un isolato, un avventuriero, come un deficiente o come un crudele terrorista. Noi sappiamo che dopo aver distrutto la vita del compagno Feltrinelli ne vogliono infangare e seppellire la memoria – come si fa con i parti mostruosi. Si, perchè feltrinelli ha tradito i padroni, ha tradito i riformisti. Per questo tradimento è per noi un compagno. Per questo tradimento i nostri militanti, i compagni delle organizzazioni rivoluzionarie, gli operai di avanguardia chinano le bandiere rosse segno di lutto per la sua morte. Un rivoluzionario è caduto>>.
Potere Operaio

Leon Blavatsky

mercoledì 2 febbraio 2011

A scuola con Putin


Finalmente segnali rincuoranti arrivano anche dal resto d’Europa. In particolare da un paese moderno, all’avanguardia e amico dell’Italia come la Russia, legato a noi da una profonda affinità culturale, parlerei quasi di una connessione spirituale, un feeling ideologico ed emozionale. Entrambi i paesi, infatti, stanno avviando un sano processo di epurazione della cultura umanistica dalle menti dei loro cittadini-sudditi-zimbelli.
Scenari utopici come quelli delineati da Fahrenheit 451 o 1984 sembrano, dopo lunghi e strenui sforzi, finalmente realizzarsi.
Educazione fisica, “basi della sicurezza nella vita pratica” e “la Russia nel mondo”, saranno queste le uniche tre materie obbligatorie previste nei programmi d’insegnamento superiore, alle quali è assegnato il compito di formare cittadini-sudditi-zimbelli dal fisico sempre più statuario e mastodontico, scaltri, efficenti,  in grado di fronteggiare le insidie della vita quotidiana e soprattutto  ispirati da alti valori patriottici, nel caso si trovino a dover , ad esempio, eliminare qualche giornalista. Tolstoj finalmente può riposare in pace.
Come al solito, anche stavolta l’Italia sembra essere in ritardo e accodarsi un po’ svogliatamente alle nazioni più all’avanguardia, tant’è che da noi pare l’abbiano presa alla larghissima. Certo, i numerosi tagli alla scuola, all’università e alle arti in generale dovrebbero consentire una sostanziale inibizione di tutto ciò che sia cultura; è vero anche che provvedimenti come la creazione dell’Anvur (Agenzia Nazionale di Valutazione dell’Università e della Ricerca), in cui è stata scongiurata la presenza di membri referenti dell’area umanistica (oltre che del Sud Italia), mandano un chiaro e confortante messaggio. Siamo, però, sicuri che azioni indirette come queste possano portare a risultati efficaci? E soprattutto, in quanto tempo? Non dimentichiamoci che in una situazione delicata come quella che sta attraversando il nostro paese il risveglio delle coscienze è un nemico sempe in agguato. Bisogna agire con tempestività assoluta.
Per fortuna, possiamo contare sull’appoggio d’intellettuali e personaggi di spicco dell’ormai sparuta intellighenzia italiana, che, invece di far fronte unico con gli esponenti della cultura umanistica, in nome di una diffusione del sapere in cui scienza e umanesimo dovrebbero essere le due facce della stessa medaglia, cavalcano l’ebbrezza dell’anticonformismo e delegittimano, finalmente, la potentissima lobby degli umanisti. Lobby, ricordiamolo, costituita in massima parte dalla prepotente schiera d’insegnanti a millecinquecento euro al mese, polverosi come i loro libri, che, nascondendosi all’ombra dei gesti di scherno di cui li rendono oggetti studenti e genitori, preservano avidamente il loro potere occulto e i loro mirabolanti tesori, attendendo solo  il giorno della conquista del mondo.
L’esempio russo insegna: bisogna partire dalla base, non certo dall’università; bisogna fermare l’insorgere di coscienze critiche alla sorgente, non basta sperare nell’inerzia intellettiva delle nostre nuove generazioni, nonostante l’ottimo livello di paralisi cognitiva ottenuto attraverso televisione, politica del gossip e controllo dell’informazione. In più, nessuno ancora si sbilancia sui contenuti effettivi della nuova scolarizzazione emancipata dal sapere. La necessità di intervenire in modo più deciso sulla formazione dei futuri cittadini-sudditi-zimbelli è, ormai, avvertita trasversalmente: da più parti si sente parlare di materie come “evasione fiscale”, “gestione dell’associazione a delinquere”, “educazione al clientelismo”, “scienze dell’appropiazione indebita”. Naturalmente, bisogna rivedere anche i metodi di giudizio: basta con griglie valutative e collegi di classe, che la valutazione si faccia a suon di pompini e palpeggiamenti. Si prospetta, altrimenti, una scuola separata dalla realtà, che sforna giovani con poche possibilità di riuscire nella vita e, peggio ancora, che rischiano di indignarsi e denunciare certi metodi come immorali.
La chiave di volta di questo processo è una sola e molto semplice: far passare il concetto che la cultura è inutile, che non produce ricchezza e che non è altro che il residuo stantio e andato a male di una società democratica e basata su coscienza e partecipazione. Un concetto che sembrerebbe, seppur lentamente, si stia affermando e cominci a innervare strati diversi della società italiana. Ma è una battaglia silenziosa che deve andare avanti e che ha ancora molta strada davanti a sé: finché anche l’ultima delle menti libere non sarà stata plasmata per pensare in termini di comodità, convenienza e fregna, nessuno di noi potrà mai ritenersi al sicuro.

Sophia Belbo

lunedì 31 gennaio 2011

22a Giornata di Campionato. Tristi Speranze e Rapporti di Forza.


Juvinciale 10: Sempre sulla cresta dell'onda. Illusa dal solito gol assurdo di marchisio, viene scherzata dalla squadra tecnicamente più forte di turno: L'Udinese. Acquistano in estate Martinez per dodici milioni e ora si ritrovano con un fondo cassa che gli permette al massimo di cercare di convincere Pessotto, Birindelli e Fabrizio Ravanelli a tornare a giocare per colmare le lacune tecniche. L'unica notizia positiva è la partenza dell'atletadicristo Nicola Legrottaglie che, a parte la grande presenza spirituale, limitava il suo apporto a un corteggiamento al giovane Sorensen in allenamento.
Paletta 9: Forse troppo spudoratamente brutto anche per entrare nel pagellone. Ma oggi, con un San Pellegrino che tira il fiato, Paletta è l'assoluto protagonista della giornata. Bastano un assist per gli avversari, un rigore causato e un autogol? Il Genoa, inoltre, riesce a fare tre gol in una sola partita, impresa che non gli riusciva da quando si poteva permettere di schierare nel suo reparto offensivo un certo Cosimo Francioso. Sconfitta meritata comunque per un Parma che potrebbe anche smetterla di comprare giocatori dai nomi come: Ze Eduardo, Dzemaili, Angelo, Toni Calvo e, appunto, Paletta.
Kozak 9: Il supereroe prodotto nei sotteranei di Formello continua la sua implacabile ascesa, tutta fatta di super-poteri messi a punto dal Bahab Puji (il mafio-santone che accompagna spesso Lotito sugli spalti) e tenuti scrupolosamente segreti da Reja, ma che stiamo piano piano imparando a riconoscere. Tra gli effetti speciali che consegnano questa vittoria alla Lazio menzioniamo, tra gli altri, il Nichilistico-Tiro-Annulla-Portieri e l’Incornata-Sadica. Il primo sfoggiato, quest’oggi, ai danni di Boruc, nel rigore guadagnato dallo stesso super-ariete al 68’ minuto, consiste nel trasmettere via onde neurali l’immagine mentale delle drammatiche conseguenze dell’eventuale e infortunoso contatto tra il corpo del portiere e la palla calciata con forza inaudita, convincendolo così a fingersi spiazzato e a lanciarsi dal lato opposto; il secondo, che punisce per la seconda volta in cinque minuti l’infelice portiere viola, il quale, rotolando a terra nel tentativo di intercettare l’assist di Sculli, si risparmia almeno la visione orrorifica del capoccione ceco che assume dimensioni e forma mostruose nell’esercizio del suo super-potere. Si guadagna, tra l’altro, la gratitudine di entrambe le tifoserie per aver miracolosamente virato gli esiti di una partita bella come il culo flaccido del Silvione nazionale.
Bega&Zambelli&Zebina&Mareco 8: Gino Corioni, presidente del brescia e instancabile produttore di water e copritavolette, ha scommesso con Emanuele Filippini la testa di suo fratello che riuscirà a salvare la squadra nonostante questa difesa. Oggi non gli è andata troppo bene: con la mobilità di un comodino, Mareco ha fatto passare in velocità Pellissier e Constant che, camminando, hanno divorato la porta bresciana. Su Zebina, augurandoci che la sua galleria d'arte di Milano vada per il meglio, c'è poco da dire.
P.s. Si è recentemente scoperto che i gemelli filippini improvvisavano ardenti gang bang con la moglie di Corioni nella sede del club.
Kroldrup 7: Ha già dichiarato che una volta appesi gli scarpini al chiodo sostituirà Filippa Lagerback come annunciatrice a Che Tempo che Fa, su proposta di fabio fazio e con l'assenso di Mauro Masi. Nel frattempo spara le ultime cartucce di una carriera costantemente vissuta tra bassi e bassi; verrà ricordato anche per l'inaudita malasorte che porta nel reparto difensivo delle squadre in cui milita, le quali, una volta arrivato lui, perdono sistematicamente il loro pezzo pregiato per infortunio e sono costrette a schierarlo titolare. Oggi non riesce a chiudere la velocità straripante del brevilineo Libor Kozak, causando il rigore che spiana la strada alla sconfitta di una fiorentina sempre più triste. Ridateci Riganò.
Gonzalez 7: Non giocando nel ruolo che gli è più congeniale, si reinventa buttandola sul ballo. Anima la fascia destra a colpi di samba, riuscendo spesso a raddoppiare sugli avversari, si scatena in indemoniati twist efficacissimi in fase di interdizione e in finale di primo tempo si lancia addirittura in un assolo verso la porta con tanto di grand jeté, che si conclude con un bel tiro di destro, respinto, però, dall’altrettanto acrobatica parata di Boruc. Dirty dancer.
Bologna-Roma 7: Nella tempesta di neve di Bologna un impassibile arbitro Jack Frost non vede alcun motivo per non iniziare la partita. Senza pallone rosso - e con la roma scesa in campo con maglie rigorosamente bianche  - si dà il vita a 16 minuti di pura comicità e crisi cognitive. I giocatori, sempre più simili a cricieti impazziti, dopo aver perso il pallone senza che nessuno se ne accorgesse, iniziano a girovagare per il campo vivendo delle esperienze di derealizzazione che saranno analizzate da un equipe di filosofi, biologi e antropologi, i quali avranno inoltre l'ardito compito di stabilire se il calcio sia esportabile su mercurio o meno. Un urrà per la scienza dunque, dispiace solo per un piangente Rodrigo Taddei che, visibilmente terrorizzato dalla situazione, ha trascorso i sedici minuti di partita dentro il costume di Balanzone (mascotte della squadra felsinea).
Mark Peter Gertruda Andreas van Bommel 6,5:
"Veramente un personaggio insopportabile, da ammazzarlo appena nato"
La signora Van Bommel su suo figlio
Oggi viene espulso all'esordio in campionato. Augurandoci che sia la prima di una lunga serie. Benvenuto!
Palacio 6,5: Fratello minore di Manu Chao collabora con lui nella stesura del primo album della Mano Negra e nella creazione del genere "Patchanka". Abbandona il gruppo perché confessa a tutti di essere di estrema destra e fugge in spagna dove cerca di ricostruirsi una nuova vita. Viene però scovato dagli indipendentisti baschi che, riconoscendolo, gli trapiantano nel sonno quell'orribile ciuffo di capelli che lo contraddistingue. Viene assunto come magazziniere del Genoa, incarico ricoperto fino a quando Gasperini non si accorge che è più forte di Sculli e si può tentarlo in campionato. Oggi semina il panico nella difesa del parma riuscendo a percorrere con straordinaria velocità tutte e tre le fasce, contemporaneamente.
Mauri 5,5: Cenerentolo. La mezzanotte sembra scoccata, la carrozza è tornata zucca e l’abito da sera di nuovo stracci vecchi. Dopo un girone d’andata in cui il pubblico lo osservava sconcertato recuperare palle, creare gioco, addirittura far gol con una classe a dir poco principesca, la cui unica spiegazione, dopo anni appannati in casacca bianco azzurra, sembrava essere l’uso di sostanze molto stupefacenti o lo scambio con un gemello fin ora imprigionato in qualche sottoerraneo milanese, eccolo finalmente tornare alla condotta che più gli compete. L’incantesimo è finito. L’unico guizzo è sul pallone intercettato e servito a Sculli nell’azione del raddoppio: mentre corre qualche ultimo luccichino fatato gli brilla ancora intorno ai piedi. Dopotutto, con quel visetto, può ancora sperare nell’arrivo di un bel Principe Azzurro.
Lijaic 5: L’aspetto da giovane marmotta svizzera dall’identità sessuale ancora indefinita di Lichtsteiner lo confonde, tenta per tutto il primo tempo di ipnotizzarlo con il suo sguardo da cucciolo imbronciato, continuando a piroettargli intorno suadente e provocante, creando, così, talmente tanto fumo finendo per inebriare solo i suo già fin troppo spaesati compagni. All’inizio del secondo tempo scompare dal campo: papà Sinisa gli avrà rinfrescato, con un coltello tra i denti e l’occhio iniettato di sangue, le folkloristiche pratiche che gli zingari riservano ai tipi gai come lui, invitandolo caldamente a rimanere in panchina.
Cerci 5: Il Thierry Henry di Valmontone oggi si prende di diritto la fascia sinistra della Fiorentina, purtroppo passa il primo tempo a cercare di risolvere le evidenti difficoltà arrecategli dagli inconfondibili capelli di Anna Mazzamauro. Nel secondo tempo opta per una gradevolissima fascetta ma è ormai in confusione.
Gianni Riotta 4: Ospite della domenica sportiva si presenta stranamente senza cravatta nera slim ordinaria da broker che ha appena mandato in bancarotta 5 diversi stati africani. In compenso non può fare a meno di citare il world business forum, Miccichè e a spiattellare un paio di anglismi per ogni frase pronunciata. Finisce per definirsi "uomo del sud". Prete.
Ledesma 4: Qualcuno aiuti quest’uomo. Domenica scorsa lo abbiamo lasciato vagheggiante tra deliri cosmici e ricerca dell’essenza. Oggi, evidentemente, sconta in campo i postumi dell’uso smodato di funghi allucinogeni. Sappiamo bene che la droga è un problema sociale, ma quello che dovrebbe essere l’uomo chiave della sua squadra non può continuare a ciondolare per il campo blaterando di suicidio e nausea dell’esistere, a sbagliare gli appoggi ai compagni sganasciandosi dalle risate per avrerli scambiati per elefanti rosa in tutù, mancare appositamente i passaggi, in preda ai deliri di persecuzione. I tifosi chiedono che la società intervenga. Narcotizzato.
Gulan 3: Il pluricampione europeo di football manager Pantaleo Corvino non poteva fare a meno di lui sulla fascia sinistra del suo lecce che vinceva la Champions nel 2016. Pensa bene così di portarselo anche alla Fiorentina nella realtà. I valori sono ancora bassi (solo un 20 in temperamento) ma può crescere.
Ranieri 3: Nemmeno oggi che la sua squadra non ha giocato è riuscito a risparmiarci le sue patetiche frasette del dopopartita: "Dopo un pò è venuto il quarto uomo e mi ha chiesto "Mister che cosa ne pensa?" e io ho gli ho risposto che avevo un pò paura perchè ci vuole un non nulla per farsi male e sfiorare il dramma; per cui ho detto "se è possibile vorrei interrompere".
Pazzini 2: Dopo aver annunciato che l'arrivo all'inter "è un sogno che si realizza" - confinando per sempre nella oscena provincialità senza onore squadre come Sampdoria e Fiorentina - oggi entra nel secondo tempo a rilevare un irrefrenabile coutinho (qualcuno spieghi all'inter che nonostante sia il figlio di thiago motta non è obbligatorio metterlo in campo). Ci mette 5 minuti a segnare con una girata di destro. Dopo altri 10 minuti, a cavacecio di un invisibile matrix materazzi, realizza il secondo goal di testa, dall'altezza stimata di 4 metri e 12. A suggellare l'arrivo interista serve però la zozzata finale: la simulazione che ribalta definitivamente il risultato. Neofita.
Cavani 1,5: Mette a segno il 15, 16 e 17esimo gol del campionato senza alcuna vergogna. Continua a mettere in porta ogni singola palla che sfiora senza alcun pudore, lo stesso poco pudore con cui si ostina ad indossare l'apparecchio da quando è arrivato in serie A. Nella speranza che un Von Bergen di turno lo abbatta.
Zarate 1: 1 tecnico per zarate squalificato, in attesa che scenda in campo.

Leon Blavatsky&Sophia Belbo