venerdì 8 aprile 2011

Good porn loves Lust



Vogliamo discutere dell’educazione sessuale dei nostri giovani? Vogliamo parlare della pornografia e, soprattutto, della pornografia contemporanea che usufruisce dei numerosi nuovi mezzi di comunicazione? Vogliamo elencare tutte le distorsioni, le patologie più o meno complesse, le difficoltà socio-relazionali, i disturbi psichici che un abuso di questa comporta? Vogliamo denunciare il maschilismo e la degradazione della figura femminile che la maggior parte dei prodotti pornografici odierni avalla più o meno subdolamente? Vogliamo, anche, citare sondaggi in cui è presentata una percentuale paurosa di europei che fanno poco sesso e male (tanto che la domanda sorge spontanea: “Ma che pure io?”)? Vogliamo discutere dell’inebetimento delle masse ottenuto da una esposizione continua e pervasiva a riferimenti sessuali che annientano la coscienza, quella critica soprattutto? In realtà non ce frega nulla ma, per introdurre l’argomento in questione, ci/ mi tocca questo noioso compito. Come tutti ben sanno, i giovani rampolli della specie umana (in una fascia d’età che va dagli 11 ai 55 anni ma, se si considerano anche i nonni in grado di usufruire della rete, il range, probabilmente, si estenderebbe) trascorrono un quantitativo notevole di tempo libero, e non, sugli appositi siti internet trastullandosi nel magnifico mondo della pratiche autoerotiche sollecitate da materiale pornografico, Wikipedia: YouPorn “nell’Aprile del 2008 è arrivato al trentasettesimo posto nel ranking dei siti più visti al mondo” (sono curiosa di sapere quali siano gli altri trentasei…). Questo molto spesso fa si che, come invece ben sanno le giovani rampolle, il fatidico e tanto atteso primo amplesso lasci abbastanza insoddisfatti e dubbiosi entrambi i partecipanti: la componente maschile si aspetta di compiere chissà quali evoluzioni fisiche, che la propria fidanzatina diciasettenne si riveli una ginnasta pettoruta e che essa lo avrebbe piacevolmente sorpreso invitando la propria amica mentre le fanciulle, le quali hanno impegnato lo stesso quantitativo di tempo in fantasie altrettanto improbabili e fuorvianti, non si capacitano del fatto che i muri non tremino, che il piacere derivante non sia un intenso brivido caldo che avvolge e annebbia mente e corpo fino allo svenimento o per lo meno che non duri più di quindici minuti.
Ovviamente si tratta di una banalizzazione e di una generalizzazione esagerate ma non crediate che tali nefasti episodi siano poi così rari o inverosimili. Nessuno in cuor suo può seriamente dare la colpa alla masturbazione in quanto tale, vero atto di amorevole cura verso sé stessi, ma allora l’intoppo dovrà ricercarsi proprio nel mezzo, un mezzo come metafora spaziale e anche nell’accezione di strumento. Magari non è il caso di additare come bigotto chi parla di maschilismo e di sessualità degradata di tanta parte del materiale pornografico circolante. Magari la si può spendere una manciata di minuti con la propria ingenua e smaliziata prole discorrendo di come il sesso possa essere tanto più sano, bello e piacevole; di come i metodi di protezione non siano punizioni divine inventate per rovinare il gioco; che no, quella posizione è anatomicamente impossibile e che le donne non emettono veramente quei rumori. Ma basta dare un’occhiata a quello che succede nel mondo per comprendere che tanta arguzia da parte del genere umano è, forse, chiedere troppo.

Qualcuno, però, ha preso a cuore queste delicate problematiche e si sta impegnando per noi e per una società migliore. Fra i tanti valorosi e degni di lode voglio citare una regista svedese che dal 2007, anno in cui esce Five hot stories for her scritto e diretto da lei medesima e vincitore di numerosi premi tra i quali il miglior film dell’anno al Feminist Porn Award di Toronto (l’ho sempre detto che i canadesi stanno avanti), lavora per costruire un’immagine meno stereotipata e falsata del sesso e della sessualità sia nella concezione comune sia rispetto alla pornografia vera e propria e diffonde il suo verbo tramite film con qualche velleità artistica, documentari erotici (che vincono concorsi di documentari erotici), un tweettatissimo blog stracolmo di spunti interessanti ma anche critici, un portale on-line dove vengono raccolti e proposti i migliori prodotti del nuovo cinema per adulti, e tradizionali libri stampati. Il nome di Erika Lust spadroneggia nell’ambiente del porno radical-chic.
Ora, l’impegno e la buona volontà di questa trentaquattrenne piena di risorse potrebbero forse essere un po’ oscurati dal fatto che abbia scelto come nome d’arte proprio il termine “lussuria”; qualcuno eccessivamente prevenuto potrebbe, anche, darle dell’esaltata per avere intitolato il suo ultimo film Life Love Lust; io personalmente sarei curiosa di sapere come ha impiegato il suo brillante ingegno dal 1977 (anno di nascita) fino al fatidico 2007 (la mia però è un’ossessione che deriva da studi classici lastricati di esempi illuminanti di straordinarie conversioni mistiche avvenute intorno alla trentina) tuttavia credo che in molti potranno aprezzare, se non essere grati per il suo contributo alla nascita di una nuova sensibilità verso la sessualità (mi sono imbattuta in diverse espressioni come “new adult cinema”, “fresh perspective on adult enterteiment”, “feminine and femminist approach”, “porn for women trend” quindi si tratterebbe di una vera e propria rivoluzione nel cinema cosiddetto per adulti). Film che raccontano un rapporto sessuale più realistico, avulso dalle banalità e da scontati clichés, senza quei brutti omaccioni con la pansa (romanesco nel testo n.d.r.) e donne in grado di portare i tacchi alti a letto; film che non intendono eguagliare la fantasia erotica alla realtà ma stimolarne una diversa, più genuina e valida per entrambi i sessi.  Una visione del sesso spogliata dai pregiudizi religiosi, da informazioni false e tendenziose, da intolleranze discriminatorie e da stereotipi nocivi non può che renderci persone migliori e felicemente appagate.

Bello, molto bello ma dopo questo appassionato elogio voglio lasciarvi, cari lettori, con un interrogativo che mi preme non poco: non mette ansia anche a voi l’idea che il Porno salverà il mondo?

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