martedì 5 aprile 2011

L'importanza di chiamarsi Murdoch


In questa vita di stenti e amarezze, per sopravvivere alle difficoltà quotidiane, che tendono ad aumentare esponenzialmente nel caso voi siate iscritti a Lettere e Filosofia alla Sapienza, è indispensabile rintracciare nel magma confuso dell’esistenza un qualche espediente che allevi, per quanto possibile, l’ansia dell’esistere: piccoli piaceri quotidiani su cui concentrarsi per non smarrire completamente l’illusione di sensatezza che ci sprona ogni dì ad alzarci dal letto. Ebbene, se ancora trovo la forza di trascinare le mie stanche membra su e giù per le scalette della suddetta facoltà debbo senza alcun dubbio rendere grazie a Sky. Nonostante le periodiche crisi familiari che l’abbonamento super completo (quello che ti permette di vedere tutti tuttissimi gli incontri di calcio, basket, rugby, golf, ginnastica ritmica, triahtlon, sci marittimo, bridge, corsa ai sacchi in diretta, differita, capovolti o remixati; tutti i film un’ora dopo, metà mo metà dopodomani, al contrario, in lingua urdu; tutti i reality italiani, europei e galattici; tutte le soap opera brasiliane in director’s cut and much more) comporta tra le mura domestiche, Sky mi garantisce ogni giorno e a ogni ora la promessa di un “qualcosa” che possa riempire i miei vuoti esistenziali. E sfido chiunque a osar mettere a paragone il digitale terrestre con il calore e la gioia che la programmazione di Sky offre ai suoi spettatori quotidianamente. Niente a che vedere. E’ vero, capitano serate in cui l’offerta dei 73,4 canali di cinema va da “La vita è una cosa meravigliosa”, a “Prince of Persian”, a “I predatori della città perduta”, ripetuti, per di più, a orari diversi. Ma anche in quelsto caso Sky è pronta a coccolarvi e a soddisfare il vostro desiderio di oblio. Basterà digitare sul vostro affabile telecomando fantascientifico i canali dal 109 (nonsotante anche il canale 108 di Mtv rientri di tutto diritto nella categoria) e vi ritroverete catapultati in un vortice di mondi che aspettano solo di farvi “vivere da protagonisti”. Tralasciando l’infinità di serie tv da gustare da mane a sera, ciò che davvero risolleva le sorti della mia giornata sono tutti quei programmi di difficile definizione (reality? Sit-com? docu-fiction?) che si ingegnano nel mostrarci tutte le molteplici sfacettature della vita umana dal di dentro. Con quel loro irresistibile mix di pateticità, risate, competizione e voyeurismo, ammetto senza vergogna che nulla, quasi quasi nemmeno l’intervista a Luca Argentero su Sky Cinema 1, mi cattura di più. Rimango col fiato sospeso nel sapere se verrà eliminata la nera dalla gambe chilometriche o la roscia sbarazzina dalla fase finale di “America’s next top model”, mi commuovo quando il frocissimo arredatore di “Extreme Makeover: Home edition” mostra la nuova camera da letto da sogno (con tanto di petali di rosa sul giaciglio) alla coppia di operai sottopagati della Crhysler, ormai da mesi stanziata in una roulotte con prole al seguito, prendo appunti quando la Stefanenko sciorina suggerimenti alle partecipanti di “Mi ha lasciato…Cambio vita!”. Se non avete idea di che cosa io stia parlando, vi suggerisco ardentemente di abbandonare qualsiasi altra operazione voi stiate compiendo in contemporanea con la lettura di questo post e di fiondarvi con rincorsa sul vostro divano, su quello del vicino o, se siete così sfortunati da non aver accesso diretto al segnale di Sky, per lo meno nel reparto televisioni e hi-fi del vostro Trony di fiducia. Non potete assolutamente continuare la vostra esistenza ignorando tali perle della mente umana. Si va dai cuochi di classe che si danno battaglia per diventare Cuoco-più-trendy-del-mondo-occidentale, alla rieducazione vestiaria coatta di quarantenni dalla congenita incapacità di abbinare capi d’abbigliamento, passando per l’immancabile spruzzata di burlesque (mica vorrai azzardardarti a sentirti donna senza un corpetto rosso merlettato addosso?). Addentrandosi ancora un po’ nella giungla di canali che si spingono a ridosso del 200, lì dove si erge imponente l’impero dello sport, può capitare di imbattersi in robbina un po’ più, come dire, hard. In tempi come questi, chi di voi non desidera scoprire come si diventa impiegata in una casa di piaceri nei pressi di Las Vegas? Eccovi soddisfatti: non chiedetemi il titolo ma giuro sull’esistenza di un reality che segue delle ragazze che si accingono al mestiere, tutte gridolini di eccitazione e telefonate lacrimose con le mamme biondo platino (“Mamma, sto per avere il mio primo incontro, sono emozionatissima!”). E come non citare “Non sapevo di essere incinta” che, come il fantasioso titolo lascia presagire, ci racconta come giovani donzelle in sovrappeso sgravino pargoli da un momento all’altro, ignare per nove mesi di trovarsi in stato interessante. Vi lascio immaginare quali devastanti effetti psicologici possa aver avuto su di me una simile visione. Ciò che più è da apprezzare in questo tipo di intrattenimento è l’indubbia funzione sociale trasversale: da un lato permette a noi comuni mortali di sbirciare dal buco della serratura dei villoni californiani di “The Hills”, o di rammaricarci di non aver avuto un rapper ad animare la nostra festa dei diciotto anni, come capita alle fortunate protagoniste di “My super sweet 16”, ma dall’altro entra nelle case della gente comune ,alle prese con epopee quali tirar su figli (alzi la mano chi di voi non vorrebbe una bambinaia ad hoc come quelle di “SOS tata”), e offre, così, spaccati di vita vissuta degni del miglior Neorealismo. In fondo, tutto questo per cosa se non catalizzare la nostra empatia e farci sentire tutti un po’ più vicini, un po’ più uguali, tutti irrimediabilmente sulla stessa barca? Grazie Sky, ché ogni giorno mi rammenti quanto sono umana.

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