sabato 8 gennaio 2011

Esercizi di democrazia


Ore 12:04
Il tabellone che indica lo scorrimento dei turni dell’ufficio postale avvisa crudelmente L. che un cortese impiegato dall’aria inevitabilmente seccata si occuperà di lei solo dopo essersi prima occupato di altre 34 persone.
Senza perdersi d’animo e zittendo la voce del Senso del Dovere che le sibila implacabile: “Te l’avevo detto! Ci dovevi venire alle 9 alla posta, e invece alle 9 stavi rimandando la sveglia per la terza volta! e adesso? Eh? Sai che dovrai sospendere le funzioni diuretiche per recuperare il tempo di studio perso?” si reca, avvolta nel suo caldo maglioncino di cashmere, all’edicola davanti l’ufficio postale. Nella fretta di uscire ha dimenticato di portarsi dietro il libro che sta leggendo (sarà perché è “Le ultime lettere di Jacopo Ortis”? No, vi prego, non ditelo al suo Senso del Dovere altrimenti la torturerà per notti intere con incubi in cui giovani suicidi piangono sulla bandiera della Repubblica Cisalpina), errore gravissimo, quasi mortale: se si ha intenzione di sopravvivere alle violente sommosse che puntualmente prendono vita nell’affollato e maleodorante ufficio postale (causate incontrovertibilmente dalla natura degli impiegati, decisamente più simile a quella di piante grasse munite di aculei che non a quella umana) è necessario munirsi di un diversivo che distragga, renda immuni alla tensione crescente nell’ufficio ed estranei da tutto ciò che vi avviene dentro.
Dicevamo, L. si avvia verso l’edicola, con un sorrisetto vagamente compiaciuto, pregustando il diffuso e onanistico diletto sottocutaneo che le procurerà l’acquisto de “Il Manifesto”.
Giunge, così, al bancone dell’edicola ancora intenta ad assaporare tutta questa piacevolezza, ignara che di lì a pochissimo il suo ameno stato d’animo sarà brutalmente messo in crisi.
Accanto a lei, una piacente signora bionda con figlioletto biondo al seguito: cappotto nero lungo appena fin sotto il sedere da cui spunta una calza nera coprente lucida (che sottintende l’assenza di gonna, così come la moda impone alle esponenti del gentil sesso, sprezzanti di età e/o condizione fisica); croce di diamanti (falsi) che s’insinua tra le grazie ed esalta un decolleté abbronzato e prosciugato dalla lampada; stivale tacco 7 nero di pelle con zip che strizza il polpaccio sodo come un uovo alla Bismarck, borsa extra large con le frange stile cow-girl, anch’essa nera di pelle; labbra dipinte color Laterizio di Siena contornate tono su tono dal tratto della matita color Melanzana alla Parmigiana, voce stridula e un po’ strascicata: “No capito, è che è ‘n regalo, così armeno vado sur sicuro!”, risata squittente e complice rivolta all’edicolante, “Che dici chicche’, questo je piace a zzio, eh?”. La signora interloquisce con l’edicolante armeggiando con degli oggetti che L. impiega qualche istante a mettere a fuoco.
L. guarda gli oggetti. Guarda la signora. Guarda l’edicolante. Guarda di nuovo gli oggetti. Guarda l’euro e trenta destinato al suo sollazzevole giornale. Ebbene sì: la signora sta acquistando un calendario, horribilis visu, con l’effige del compianto Benito. E il suo indugiare è dovuto all’incertezza se acquistare quello con sfondo tricolore e mezzobusto raffigurante il Duce nella classica virile posa con le mani poggiate sui fianchi, quello con sfondo tricolore e figura intera con braccio proteso in avanti, palmo steso, dita chiuse, o quello sfondo tricolore e un bel primo piano del faccione mastinesco e minaccioso che scruta l’orizzonte fiero e maschio.
L. viene presa dal panico, letteralmente. Ma…ma…ma lei sta davvero acquistando un calendario del Duce? Ma questo non si può fare! Qui, nel mio quartiere, dal mio edicolante di fiducia (di fiducia perché lo scorso anno, a campionato finito, espose simpaticamente una bandiera della Roma con un bel 4 verde bianco e rosso al centro), vicino a me esistono degli individui che gioiranno nello scartare un calendario del Duce, che tutte le mattine di tutti i mesi di un intero anno si alzeranno dal letto, gli occhi abbottonati, l’alito mefistotelico, contempleranno il volto del salvatore della Patria e su di esso annoteranno lieti eventi, appuntamenti, cicli mestruali e compleanni?
L. viene colta da particolarissime reazioni fisiche: la vista le si appanna, l’iperventilazione le fa girare la testa e aumentare il battito cardiaco, lo stomaco le brontola e le gambe le tremano, la voce del Senso del Dovere le urla furibonda “Reato! Reato! Reato!”. Il primo pensiero che la sfiora è di puro terrore, teme violente rappresaglie da parte di gruppi affiliati a Casa Pound, nascosti tra i verdi cespugli del suo residenzialissimo quartiere, una volta recitata all’edicolante la sua condanna ad alta voce: “Il Manifesto, grazie”. Ma poi una sensazione di orgoglio mista a sdegno s’impadronisce di lei. Deve reagire. Non può continuare a nascondere la sua appartenenza politica (come già tende a fare, d’altronde, con quella calcistica), anzi, la deve ostentare ed esprimere a gran voce: in fondo è lei a trovarsi dalla parte del giusto, la Costituzione, che dico, la Storia! è dalla sua parte. Ingaggia, così, coraggiosamente una sfida di nervi con l’italica avventrice dell’edicola: con aria sdegnata e un tono di voce eccessivamente alto esclama “Il Manifesto!”, rivolgendosi all’edicolante, ma lanciando contemporaneamente occhiate di soppiatto alla bionda custode della patria per valutarne le reazioni, sicura di raccogliere uno sguardo di audace disprezzo o, al contrario, un sussulto di vergogna. Niente. Solo qualche stridulo sospiro nell’affannosa ricerca degli spicci nel portamonete rosa a pailletes di Hello Kitty. L. rivolge lo sguardo attonito all’edicolante, il quale, senza aver mai perduto la sua neutra e cortese espressione di circostanza, le porge in brevissimo tempo la copia da lei richiesta a gran voce.
L. rimane lì interdetta per qualche istante, Il Manifesto nella mano ancora sospesa a mezz’aria, lo sguardo allucinato, la respirazione che stenta a torare al ritmo regolare, in attesa che qualcuno, il suo Senso del dovere, il Senso della Giustizia, la Storia, Marx, Lenin, Togliatti, qualcuno le suggerisca la corretta analisi della situazione. Sarà mai possibile che simili momenti di democrazia possano consumarsi così impunemente senza che altri che lei ne sembrino affatto indignati?

3 commenti:

  1. Mi piacerebbe sapere chi è questa misteriosa L, anche se lo intuisco.
    Ad ogni modo è un post che seguirò, ma eliminate signorini e il berlusca.

    RispondiElimina
  2. Sì, può succedere. Inoltre la zotica coatta non conoscerà più di tanto la storia di Benito, al massimo, interpellata, direbbe che "se stava mejio quanno se stava peggio", che lo zio del pargoletto ariano è un vero uomo e il Manifesto non sa assolutamente cosa sia, tantomeno un quotidiano di sinistra!

    RispondiElimina
  3. Sì, e non so se ciò vada considerato come un'attenuante per lei o un inquietante spunto di riflessione sulle nostre coscienze...

    RispondiElimina