mercoledì 26 gennaio 2011

Bertrando o dell'intolleranza


La vita offre infinite possibilità di formulare teorie, massimi sistemi filosofici, credenze. Spesso, però, tutto questo bel bagaglio di idee personali è soggetto alla mutevolezza e alla volubilità sia per esperienze quotidiane, sia per accrescimento della proprio sapere dottrinario e anche perché, in realtà, ci è precluso pensare in maniera costante nel tempo la stessa cosa (l’ultima variabile, però, rientra nella mia interpretazione personalissima della psiche umana, quindi è un’altra storia). Esistono, tuttavia, pensieri che nel corso degli anni vengono continuamente posti a verifica, ripetuti ad estranei, accresciuti, migliorati, ritrovati casualmente nel nostro autore preferito, convalidati dall’idiozia delle tesi contrastanti e dai loro promulgatori, confermati da segni cosmici inconfutabili fino al punto che si radicano in noi (da qualche parte tra l’intestino crasso e il diaframma, non in senso figurato dell’anima ma proprio lettero-fisicamente). Queste convinzioni ci fanno sentire forti, ci illudono dell’esistenza della Coerenza e ci convincono che ciascuno di noi è in verità l’eletto conoscitore della verità ultima. Ovviamente la frequenza e la solidità di questi possessi teorici varia da soggetto a soggetto e varia anche l’aggressività con la quale vengono difesi. Ora poniamo il caso di qualcuno che abbia fatto della razionalità e della logicità il proprio salvagente per il mondo. Poniamo anche che costui, come razionale e inevitabile conseguenza del suo razionale ragionare, si sia votato all’agnosticismo materialista. Esso crede nel pacifismo e nella democrazia, persegue l’ideale della laicità dello stato ma non si lascia trasportare da intolleranze verso coloro che si definiscono credenti, sostiene pubblicamente di invidiare la loro possibilità di avere una fede che dalle statistiche (fatte da chi, poi? ) emerge comportare un rilascio di serotonine anche se nel privato li considera dei poveri mentecatti. Si tratta di un tipo umano, tutto sommato, gradevole e amabile, probabilmente ha una scarsa fantasia e creatività che però cerca faticosamente di compensare con una certa erudizione (come a dire, no, non è simpatico però sa un sacco di cose). Costui si trova spessissimo a dover riaffrontare la questione religiosa in circostanze diverse, soprattutto se nato in Italia e si trovi casualmente molto vicino alla santa sede, tanto che ogni volta sfodera un sorriso beffardo, stiracchia tranquillamente gli arti e inizia la solita manfrina su principi costituzionali e morali, idee illuministe, buon senso, libertà personali che finiscono quando iniziano quelle altrui. Egli spreca moltissima energia vitale cercando di rassicurare cattolici terrorizzati che la legalizzazione dell’eutanasia non comporterà, a loro discapito, attentati terroristici da parte di medici comunisti; prendendo in considerazione casi grotteschi e brutali nei quali sia doveroso lasciare la possibilità di scegliere l’interruzione della gravidanza; elencando tutti i sintomi psicofisici provocati dalla visione di un crocifisso nella propria classe; elogiando la lettura di Voltaire nella sua prima infanzia possibile solo grazie al tempo libero impegnato dai suoi coetanei nel catechismo; dichiarando di sentirsi violentato nella sua libertà civile e personale da leggi dettate dalla sottomissione al potere papale etc. etc. Ora dobbiamo immaginare che questo signore, che chiameremo nella finzione Bertrando, si trovi a sorseggiare piacevolemente una birra in un tardo pomeriggio estivo con un amico stimato e ritenuto molto saggio (in realtà i due si conoscono da pochissimi giorni ma questo non interessa), la conversazione verte con toni amabili sulla pedagogia, il ruolo del dialogo nell’accrescimento spirituale degli uomini e simili quando si imbattono sbadatamente nella discussione sull’ingerenza della Chiesa e della morale cattolica nelle leggi di stato. Dopo aver ascoltato con attenzione la cantilena del signor Bertrando, con quale sembrava concordare in pieno, l’amico saggio pone una questione di una semplicità tanto banale quanto sconcertante:
Se un cristiano, per le sue convinzioni religiose, considera ad esempio l’eutanasia un peccato, non solo perché è convinto che chi prende questa decisione sia condannato a marcire all’inferno, ma anche perché lui stesso commette peccato permettendo ad altri di compiere il sacrilego gesto, come potrebbe mai votare una legge o un deputato che intende votare a favore di tale pratica?
Il signor Bertrando non si scompone e apre la bocca per ribattere pacatamente che… ma le parole escono con una vocina stridula e balbettante:
Non potrebbe perché è un’ingiustizia nei confronti di chi la pensa diversamente…perché no, insomma, non è giusto. Si, certo ognuno può credere quello che vuole però… io, io devo essere libero… Il signor Bertrando sarebbe sconvolto, il suo analizzare le questioni secondo un’ordine logico lo avrebbe chiuso in trappola. Avendo ammesso che nelle libertà indivuali rientra anche quella del credo religioso, non può non ammettere che ciascuno agisca secondo le proprie convinzioni. Il punto che lo sbalordiva di più è che, sebbene non ne avesse mai incontrato uno, teorizzava l’esistenza ipotetica del Vero Credente, cioè colui che quando agisce in nome della propria fede lo fa con le migliori intenzioni senza secondi fini e la sua prassi è un sincero adempimento dei precetti religiosi; era proprio questo Vero Credente potenziale che aveva messo in crisi la sua certezza più profonda, più salda e rassicurante. Il signor Bertrando è nel delirio, non sa più a cosa appigliarsi, la sua mente è andata in loop. Più ci pensa e più la storia non lo convince, è sicuro che una soluzione debba esistere e forse esiste solo che non è contemplabile dal suo rigido razionalismo. Lasciamo ora il signor Bertrando nel suo circolo vizioso e cerchiamo di tirare fuori un qualche insegnamento da questa vicenda fittizia ma plausibile: Bertrando a questo punto non può più fare nulla, è condannato e perciò lo scioglimento del dilemma va cercato nel suo passato e precisamente nella sua avventata quanto pericolosa decisione di concedere la libertà di pensiero indistintamente. Cosa sarebbe accaduto al signor Bertrando se fosse stato un pensatore intollerante? Probabilmente sarebbe stato emarginato dalla società o sarebbe ministro della difesa, in entrambi i casi forse, e sottolineo forse, sarebbe felice.

p.s. se qualche lettore crede di leggere in questo post una vicenda autobiografica si sbaglia. L’autrice, oltre a non chiamarsi Bertrando, è a capo di una cellula terroristica autonoma dell’E.C.C.L.P.D.M. (Esercito Contro Chi La Pensa Diversamente da Me). 


                                                                                      

4 commenti:

  1. credo che le buone intenzioni non bastino al credente per avvalorare la sua etica. Questo mi pare un tentativo di riproporre il famoso paradosso del "libro licenzioso" di sen. In questo caso per il rispetto di entrambi i credi individuali non si dovrebbe consentire l'eutanasia.( paradossalmente).
    Il punto mi pare un altro: per quanto le convinzioni non siano reciprocamente condivisibili, un'etica non basata su una credenza religiosa ha maggiori chanches di essere quantomeno comprensibile e discutibile.

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  2. Caro Anonimo, non so se ringraziarti o mandarti il conto del mio analista: il tuo riferimento al paradosso di Sen mi ha spalancato la porta verso un labirinto di hyperlink su teorie economiche che hanno modificato la mia visione degli economisti (ora mi sono decisamente più simpatici).L'"etica dello stato" però non può imporsi sull'etica dell'individuo.Per me il punto era solamente sottolineare che esistono intoppi nella democrazia ai quali io non riesco a dare una soluzione ma credo sia importante tener presente.
    Rosa LoSdegno

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  3. evviva la nuova foto di Ignazio.
    F.A.Q.(frivoleAmenitàQuotidiane)

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  4. Personalmente credo che l’intolleranza più che una soluzione ai paradossi della democrazia, sia una soluzione ai conflitti strutturali della vita. Probabilmente essere intolleranti permette di ridurre quella che dalle mie parti chiamiamo complessità cognitiva: ci rende la vita più semplice. Però trovo quanto mai azzeccata l’immagine del ministero della difesa, il difensore per eccellenza. Ovviamente non mi riferisco alla persona, ma alla carica. L’intolleranza in sé può essere manifestazione di paura e la paura se non si traduce in fuga, è destinata a diventare “difesa” (ma questa è un’altra storia...). Ottimo esempio!
    Tuttavia non credo che determinate questioni siano risolvibili attraverso la razionalità (bestemmia! direbbe Bertrando?): credo che essere tolleranti non sia una questione di intelligenza, o di deduzioni logiche, ma di esperienze/sensazioni e infine bisogni. Come giustamente scrive l’autrice del post, la nostra storia personale ci porta a fare delle scelte filosofiche più o meno esplicite durante la nostra vita, e vuoi o non vuoi queste si scontreranno con le scelte filosofiche di altri. Lì inizia la democrazia, lì inizia la persuasione, la negoziazione, la competizione dei ragionamenti, insomma il divertimento, per i tolleranti. Per gli intolleranti invece inizia la guerra: ne resterà solo uno.
    Alla difficile domanda:
    - Se un cristiano, per le sue convinzioni religiose, considera ad esempio l’eutanasia un peccato[...] come potrebbe mai votare una legge o un deputato che intende votare a favore di tale pratica?-
    La risposta più ragionevole credo che sia: perchè dovrebbe? Esistono delle alternative migliori? Solo perché un’etica religiosa è meno comprensibile (e su questo ho moltissimi dubbi!) o discutibile di un’etica razionale non significa che non sia più degna di essere sostenuta. Forse Bertrando dovrebbe incominciare a chiedersi perchè quest’uomo non riesce, anzi, non vuole cambiare idea? Forse si dovrebbe porre più attenzione alle scariche di serotonina che brillantemente sono state citate, e meno attenzione ai teoremi economici? Forse non contano i motivi logici alla base delle convinzioni ma i bisogni esistenziali alla base di ciascuna esperienza. E se poi proprio non si riesce a rispondere, allora si può anche fare il ministro della difesa.

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